Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

COMMISSIONE

La lotta della Chiesa contro gli abusi sui minori

La Chiesa degli Usa è stata la più colpita da casi di pedofilia ed è stata la prima a reagire. Una nuova commissione vaticana si incaricherà di diffondere il modello americano.

Ecclesia 06_12_2013
Papa Francesco

L'annuncio dell'istituzione di una commissione vaticana per la protezione dei bambini - che, a partire dalle tragedie dei preti pedofili, studi le misure migliori per la prevenzione del problema e accompagni le vittime - è stato accolto con favore dai media di tutto il mondo, ma non deve essere letto come il segnale di una situazione che si aggrava. Al contrario, nei Paesi un tempo più colpiti - Stati Uniti in testa - le misure della Chiesa funzionano, sono riconosciute come esemplari anche da altre istituzioni, e si tratta semmai di estenderle a Paesi dove gli stessi problemi sono emersi in data più recente.

Gli Stati Uniti sono in effetti il Paese del mondo dove la Chiesa Cattolica è stata più colpita dalla tragedia dei preti pedofili. Sono anche il Paese dove questa tragedia è meglio conosciuta, grazie alla storica decisione dei vescovi americani di affidare a uno dei più autorevoli istituti accademici di criminologia del mondo, il John Jay College della City University of New York, il maggiore studio sul tema mai realizzato su scala internazionale. La City University of New York non è un’università cattolica ed è anzi un tempio laico del «politicamente corretto». I vescovi americani – non da soli – hanno finanziato lo studio, ma non ne hanno in alcun modo influenzato i risultati. Il John Jay College ha prodotto un primo rapporto del 2004, che analizza in modo minuzioso statistiche riferite a cinquantadue anni, dal 1950 al 2002, un rapporto supplementare nel 2006 e un nuovo grande studio, datato maggio 2011, dal titolo «Le cause e il contesto dell’abuso sessuale dei minori da parte di preti cattolici negli Stati Uniti, 1950-2010».

Il nuovo studio del 2011 inizia riepilogando e aggiornando i dati quantitativi, che a nove anni dal rapporto del 2004 rimangono ancora poco conosciuti, specie in Italia. Lo studio del 2004 riferiva che nell’arco dei cinquantadue anni, dal 1950 al 2002, 4.392 sacerdoti americani su circa 109.000 che avevano esercitato il ministero, cioè il 4%, erano stati accusati di rapporti sessuali con minori. Accusati, naturalmente, non significa condannati: a una condanna penale si era arrivati in meno di metà dei casi, in qualche caso forse per l’abilità degli avvocati o la prescrizione, ma in altri perché gli accusati erano effettivamente innocenti.

Il testo del 2011 insiste su un punto già sottolineato nel 2004: questi numeri non si riferiscono a «preti pedofili». Esiste una definizione medica della pedofilia, che si riferisce a rapporti con minori che non hanno raggiunto la pubertà. Ci viene ora ripetuto che l’80% delle vittime nelle accuse di abuso avevano superato la pubertà, e – dal momento che i veri pedofili tendono ad avere vittime multiple – a «meno del cinque per cento» dei preti accusati può essere imputato un comportamento «pedofilo». Se un sacerdote ha rapporti sessuali con una sedicenne – o con un sedicenne – si comporta certamente molto male, ma non si tratta di pedofilia.

Altri due dati quantitativi molto importanti sono richiamati dal rapporto. Il primo è che l’impressione che i media danno secondo cui i preti cattolici sono una categoria più «a rischio» di altre per quanto riguarda la pedofilia è falsa. Dopo avere osservato che nessun’altra istituzione ha aperto i suoi archivi e favorito ricerche così precise come quelle che negli Stati Uniti hanno interessato la Chiesa Cattolica, il rapporto passa in rassegna le comunità protestanti, i Testimoni di Geova, i mormoni, gli ebrei, e ancora le scuole pubbliche, le società sportive giovanili, i boy scout e conclude che – benché i dati limitati non permettano conclusioni certe – tutti gli elementi parziali che emergono sembrano indicare almeno che in tutti questi ambienti il rischio di abusi di minori non è più basso rispetto alle parrocchie e alle scuole cattoliche. Se poi si passa a un dato di carattere generale, si nota che negli Stati Uniti 246 minori ogni centomila sono vittima di abusi sessuali. Non è possibile sapere quanti minori «vengono in contatto» con preti cattolici, ma se prendiamo come riferimento i cresimati possiamo concludere che vittime di abusi in ambienti cattolici sono 15 minori ogni centomila. Detto in altre parole, le parrocchie e le scuole cattoliche purtroppo ospitano anche loro dei «pedofili» ma sono un ambiente sedici volte più sicuro rispetto alla società in genere.

Il dato essenziale, confermato dagli aggiornamenti 2003-2005 e 2006-2009 dei dati del rapporto del 2004, è che il numero di abusi di minori da parte di sacerdoti cattolici diminuisce di anno in anno in modo davvero molto significativo. Il primo grafico del rapporto mostra un picco all’inizio degli anni 1980 e una discesa che diventa rapidissima negli ultimi anni fino ad arrivare a livelli nel 2011 perfino inferiori rispetto all’inizio degli anni 1950. Per capire perché non è questa l’impressione che ha l’opinione pubblica occorre consultare il secondo grafico, il quale mostra che – mentre gli abusi diminuiscono – le notizie relative ad abusi aumentano e raggiungono la quota massima nel 2002, l’anno della devastante inchiesta del quotidiano «Boston Globe» che secondo il rapporto dà inizio alla fase più acuta della crisi. Si tratta sia di un maggiore interesse giornalistico, sia del fatto che i tribunali ricevono nuove denunce da parte di studi legali specializzati (e milionari) che riesumano casi, veri o presunti, di venti o trent’anni prima. «Nel 2002 – riferisce il rapporto, citando l’anno record – le denunce di abusi sono state fatte nella maggior parte dei casi da vittime adulte o dai loro avvocati da venti a quarant’anni dopo che l’abuso si era verificato».

Dunque, per quanto le denunce e le inchieste giornalistiche aumentino, i casi diminuiscono, il che dimostra che le misure di prevenzione adottate dopo l’arrivo a Roma del cardinale Ratzinger come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel 1981, e continuate con i pontificati di Benedetto XVI e oggi di Papa Francesco, funzionano. Il rapporto le passa ampiamente in rassegna, dando atto dell’efficacia delle misure ma osservando anche che la Chiesa Cattolica, mentre si occupava energicamente del problema, non sempre comunicava in modo adeguato con l’esterno. Sì, «la Chiesa ha risposto alla crisi e, come risultato, si è verificato un sostanziale decremento nel numero dei casi di abuso sessuale». Ma non è sempre riuscita a farlo sapere all’opinione pubblica.

La nuova commissione vaticana, oltre che a diffondere in altri Paesi le «best practices» adottate dalla Chiesa negli Stati Uniti, dovrà servire anche a informare adeguatamente su quanto la Chiesa Cattolica fa per la prevenzione e per le vittime. Si può sempre fare meglio, ma la Chiesa fa di più di tante atre istituzioni.