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EMERGENZA VIRUS

La Cei invita a dare i sacramenti, ma che fare se mancano?

Si prova angoscia nel pensare a chi muore senza parenti e sacramenti, per via della mancanza di ausili e del divieto di far entrare i cappellani nei reparti. Ma la Cei richiama a fare tutto il possibile per amministrarli. Dove l'impedimento è invece oggettivo c'è un modo per aiutare i malati a vivere o morire in Dio. A questo proposito fu profetico Giussani: «Cristo è venerato e cercato e amato secondo la qualità del desiderio santo...Anche quando gli uomini ci lasceranno da soli».

Attualità 18_03_2020

È impossibile non pensare in questi giorni all’angoscia dei pazienti affetti da coronavirus, costretti a stare lontani dai loro parenti, magari giunti in ospedale senza essersi preparati alla morte e che si vedono negare i sacramenti.

Innazitutto i sacerdoti sono tenuti ad amministrare i sacramenti, soprattutto alle persone malate e in quarantena. Ora non siamo più solo noi a sostenere che il problema sono solo gli assembramenti, ma è la stessa Conferenza episcopale italiana che ieri ha pubblicato un documento sui "Suggerimenti per la celebrazione dei sacramenti in tempo di emergenza Covid-19". Si parla della Confessione, della Comunione agli ammalati e ai moribondi, dell'unzione degli infermi, del battesimo e di come amministrarli seguendo le dovute misure di sicurezza.

Ci sono però ospedali dove per la mancanza di ausili sanitari necessari per entrare nei reparti degli infetti, ai cappellani, per ora, è bandito l’accesso. Come fare allora per accompagnare adeguatamente questi pazienti? Se il malato in gravi condizioni non è battezzato, il laico può amministrare il battesimo. Padre Riccardo Barile ha spiegato poi alla NuovaBQ come in assenza degli altri sacramenti ci si possa comportare: «Bisogna fare delle distinzioni, fra chi è malato e chi è moribondo e inconscio», fra chi è a casa e chi è blindato in ospedale.

Chi è in ospedale e, cosciente, vuole ricevere i sacramenti ma è impossibilitato, può fare quella che viene definita da alcuni “confessione di desiderio”, ossia «un atto di contrizione, recitando l’atto di dolore con il proposito, una volta guariti, di andare a confessarsi. Nel caso in cui fra la contrizione e il progetto di confessarsi dovesse intervenire la morte, la persona si deve considerare salva». A questo proposito i medici o gli infermieri possono proporre ai malati questa strada, «facendo prima un atto di fede nel loro cuore». Quel che vale per la contrizione in vista della "confessione di desiderio", vale anche per la comunione spirituale nel caso di impossibilità a ricevere quella sacramentale e mantenendo il proposito di accostarsi all’Eucarestia non appena possibile, come spiega san Tommaso d’Aquino nella Summa theologica, III, q. 80, a. 1.

I medici o gli infermieri possono anche chiedere ai malati di «poter fare una croce sulla loro fronte con il pollice» e di pregare insieme «un “Ave Maria” o un “Padre Nostro” (se possono e sono coscienti). A queste preghiere i medici o gli infermieri dovrebbero aggiungere tre o quattro formule da imparare o tenersi in tasca come queste: “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio Santa Madre di Dio, non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo o Vergine gloriosa e benedetta”. Oppure “Concedi ai tuoi fedeli, Signore Dio nostro, di godere sempre la salute del corpo e dello spirito, per la gloriosa intercessione di Maria Santissima, sempre vergine, salvaci dai mali che ora ci rattristano e guidaci alla gioia senza fine. Per Cristo nostro Signore. Amen”.

Ovviamente serve «innanzitutto che i medici che accompagnano i malati o i moribondi abbiano fede e che chiedendo ai malati di rivolgersi al Signore ricordando loro che Gesù ha guarito alcuni malati, ma tutti consola nelle tribolazioni. Se poi qualche malato è particolarmente disposto, si può anche dirgli, mentre si fa il segno di croce, “che il Signore ti dia la grazia di seguirlo e portare la croce”. Il che non è in contrasto con la guarigione. È come dire: “Guariscimi, ma non la mia, ma la tua volontà sia fatta”. Perché Gesù ha guarito alcuni, appunto, ma ha detto ha tutti: “Chi vuole venire dietro a me (ossia nella vita eterna) prenda la sua croce e mi segua”. Questo ci può portare speranza nelle ore della prova, ma può anche vincere la paura».

E se un malato è incosciente? «Per chi è incosciente, e in assenza di un sacerdote che dia l'estrema unzione, si può sempre fare il segno di croce sulla fronte del malato e pregare che Dio tocchi la sua anima (Dio può farlo sia o no cosciente)».

Non solo, anche i mistici ci rivelano qualcosa. Suor Faustina Kowalska ebbe questa visione che si legge nel suo diario: «In piena notte, venni svegliata all'improvviso. Compresi che un'anima si trovava nella necessità urgente che qualcuno pregasse per lei. Mi recai in corsia e vidi una persona già entrata in agonia. All'improvviso, udii interiormente questa voce: «Recita la coroncina che ti ho insegnato». Corsi a prendere il rosario e, in ginocchio accanto all'agonizzante, recitai la coroncina con tutto il fervore di cui ero capace. A un tratto, l'agonizzante aprì gli occhi e mi guardò. La mia coroncina non era ancora terminata e già quella persona era spirata con una singolare serenità dipinta sul volto...Rientrata nella mia stanzetta, udii queste parole: “Nell'ora della morte, difenderò come mia gloria ogni anima che reciterà la coroncina. Se un'altra persona la reciterà presso un moribondo, otterrà per lui il medesimo perdono”. Quando si recita la coroncina al capezzale di un agonizzante, l'ira di Dio si placa e una misericordia a noi ignota avvolge l'anima, perché commuove profondamente l'Essere divino la rievocazione della passione dolorosa di suo Figlio».

Certo, conferma Barile, «si può anche far recitare la Coroncina della Divina Misericordia e se un paziente è incosciente, è c’è tempo, possiamo recitarla noi per lui». Ricordiamo poi che i laici possono anche benedire, senza usare le formule sacerdotali ma invocando benedizione su tutti i presenti (ad esempio: "Il Signore ci benedica e ci custodisca"; "Dio ci benedica", o simili).

Per le persone sane che invece sono in casa ricordiamo che non è vietato andare in chiesa o domandare i sacramenti rispettando le distanze di sicurezza. Nel caso in cui non riuscissero a trovare sacerdoti disposti a confessare o dare loro l’eucarestia vale quanto detto per gli ammalati in ospedale.

A questo proposito sono profetiche le parole riportate da don Luigi Giussani agli esercizi spirituali della fraternità di Comunione e Liberazione del 1990: «Dice un monaco anonimo del 1100: "Per meritare di entrare nella vita eterna Dio chiede all'uomo solo un santo desiderio. Se non possiamo affaticarci per la vita eterna in modo degno, almeno mettiamoci a correre per il desiderio della realtà eterna, pur essendo proni a terra. E come il cibo è cercato secondo la misura della fame, il riposo secondo il grado della stanchezza, così Cristo è venerato e cercato e amato secondo la qualità del desiderio santo". Meno di così si muore! Anche quando gli uomini ci lasceranno da soli: "Ecco, verrà l'ora - disse Gesù - anzi, è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo. Ma non sarò solo perché il Padre è con me" ( Gv 16,32- 33)».