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LA LETTERA

JP Morgan chiede, Renzi esegue: così nasce la riforma

In un suo rapporto del 2013, la finanziaria Jp Morgan elencava i difetti strutturali dei "paesi periferici" europei, fra cui l'Italia: troppo spazio alle autonomie locali ed esecutivi deboli. La riforma voluta da Renzi, quella su cui si voterà il 4 dicembre, ricalca perfettamente queste indicazioni. Si spiegano tante cose.

Economia 29_11_2016
JP Morgan

Caro Direttore,

per colpa mia, ho letto solo ora la ricerca effettuata dalla J.P. Morgan sulla situazione economica dell’Europa, redatta nel maggio del 2013. E’ impressionante, perché appare chiaro come tale “ricerca” abbia dettato a Renzi i punti su cui basare la riforma costituzionale che viene sottoposta a referendum il prossimo 4 dicembre (neve permettendo). Mi spiego.

Il documento della JPM si compone di 16 pagine. Quasi tutte sono dedicate alla disamina economica della situazione europea, effettuata sotto vari punti di vista. Verso la fine della “ricerca”, la JPM trae le conseguenze politiche alle pagine 12 e 13 ed è questo che appare estremamente preoccupante. Vediamo perché.

Riferendosi ai Paesi che JPM definisce, non certo benevolmente, come “periferici” (si tratta di Portogallo, Spagna, Italia e Grecia), la ricerca elenca così i gravi difetti di queste periferie:

1)”poteri esecutivi deboli”

2)”stati centrali deboli rispetto alle regioni”

3)”protezione costituzionale dei diritti del lavoro”

4)”sistemi di costruzione del consenso che favoriscono il clientelismo politico”

5)”il diritto alla protesta che ostacola i cambiamenti rispetto allo status quo”.

Vediamo come Renzi&Boschi (con l’avallo di Alfano&Lupi) hanno ossequiosamente obbedito a queste indicazioni, nella riforma costituzionale.

1) La riforma potenzia enormemente il potere esecutivo rispetto al potere legislativo, con l’aggravante che con la legge elettorale vigente nel momento in cui andremo a votare tutto il potere verrà posto in mano ad un unico partito, che avrà una maggioranza parlamentare bulgara.

2) La riforma toglie quasi tutti i poteri alle regioni ed, in più, afferma perentoriamente il principio della supremazia statale, in base al quale il governo centrale può annullare qualsiasi legge regionale.

3) La riforma non intacca, di per sé, i diritti del lavoro. Il governo ci ha pensato in un altro modo, annullando le garanzie dei lavoratori previste nello statuto precedente.

4) La riforma si adegua a quanto richiesto da JPM riducendo al minimo il consenso popolare. Infatti, il Senato non viene eletto dal popolo, mentre alla Camera (come previsto dall’Italicum) almeno i 2/3 dei deputati non saranno scelti dal popolo, ma saranno nominati dai partiti, annullando, così, il “fastidio” di dovere cercare il consenso popolare. Sarà solo una ristretta oligarchia (di cui JPM è rappresentante mondiale) a decidere. Fine del consenso popolare.

5) Occorre porre fine all’altro “fastidio” costituito dalle proteste popolari. Infatti, Renzi&Boschi hanno cercato di squalificare ogni dissenso, con i termini più offensivi usati nei confronti di chi osa avere pareri diversi dai loro. I dissenzienti, secondo loro, non sono cittadini che esprimono il proprio parere ai sensi dell’articolo 21 della vigente Costituzione, ma sono una “accozzaglia” di gente impresentabile. Mai un presidente del consiglio si era espresso così nella storia dell’Italia repubblicana.

Dopo avere elencato i difetti politici delle “periferie”, JPM scrive che poco si è mosso nel senso desiderato in Spagna, mentre “il testo chiave sarà in Italia, dove il nuovo governo (Renzi,ndr) ha chiaramente l’opportunità di impegnarsi in una significativa riforma politica” (pagina 13 della ricerca).

Leggendo il documento in questione si capisce più chiaramente chi sia il vero burattinaio di tutta questa triste vicenda e si capisce anche perché il premier scout abbia telefonato ad Obama la notte stessa in cui venne votata la legge Cirinnà e perché lo stesso premier si sia recato recentemente alla Casa Bianca per trovare sostegno al suo sì. L’Italia costituisce ancora una anomalia cattolica nel panorama politico e culturale mondiale, anomalia che occorre quanto prima eliminare. E’ sommamente triste che si sia prestato a questo gioco un premier dichiaratamente cattolico. Ed è anche preoccupante che tanti cattolici, in questa circostanza, non se ne accorgano. Un serissimo motivo in più per dire NO.