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intervento militare

Jenin potrebbe diventare una seconda Gaza

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L'operazione Bayit Vagan in corso in Cisgiordania è forse la più dura tra quelle avviate da Israele per colpire le cellule terroristiche nei territori palestinesi. «Un nuovo crimine di guerra», la definisce l'Anp e la reazione non si è fatta attendere.

Esteri 05_07_2023

Jenin diventerà forse una seconda Gaza? È questo l'interrogativo che si pongono le cancellerie dei vari governi che hanno rapporti con lo Stato d'Israele. L'operazione Bayit Vagan, ancora in corso nella città della Cisgiordania, famosa per il suo campo profughi, è forse la più impegnativa e la più dura di quelle avviate dall'esercito israeliano nei territori palestinesi.

L'intervento militare è iniziato poco dopo la mezzanotte, tra domenica e lunedì scorsi, quando le forze di sicurezza israeliane hanno dato il via ad un'operazione militare con attacchi aerei che hanno preso di mira diverse località e obiettivi nella zona di Jenin. Molte esplosioni sono state udite all’interno e intorno al campo profughi. 

Forze di terra israeliane sono state viste entrare nella città provenienti da diverse direzioni. «Le forze israeliane hanno operato e continuano ad agire nelle ultime ore con uno sforzo concentrato contro cellule di terrorismo a Jenin» – ha scritto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant su twitter – aggiungendo: «Adotteremo un comportamento offensivo contro chiunque colpisca cittadini israeliani. Costoro pagheranno un prezzo elevato. Seguiamo da vicino le azioni dei nostri nemici, siamo pronti ad ogni scenario».

Secondo i media locali, questa offensiva è stata decisa circa dieci giorni fa, in seguito ad un grave attentato in Cisgiordania in cui quattro ebrei sono rimasti uccisi. «Non siamo venuti per occupare il campo profughi. Questa non è un'operazione contro l'Autorità palestinese, ma contro i gruppi terroristici di Jenin» – ha sottolineato il portavoce dell'IDF, l'Israel Defense Forces – il contrammiraglio Daniel Hagari. Ma il portavoce dell’Autorità palestinese, Nabil Abu Rudeineh, ha così replicato: «Quello che il governo di occupazione israeliano sta facendo nella città di Jenin è un nuovo crimine di guerra contro il nostro popolo indifeso». Ha poi rivolto un invito alla comunità internazionale «a rompere il silenzio e ad agire con fermezza per costringere Israele ad interrompere l'aggressione contro il popolo palestinese».

Il bilancio dell'operazione è pesante: 10 morti, 80 feriti, di cui 17 in gravi condizioni, un soldato israeliano leggermente ferito e trenta persone tratte in arresto. Le truppe delle forze di difesa israeliane, entrate a Jenin, hanno localizzato depositi di armi, laboratori di esplosivi e altre "infrastrutture del terrore", si sono scontrate con palestinesi armati e hanno effettuato attacchi aerei contro vari obiettivi.  La gente era impaurita. Le ruspe dell'esercito hanno raso al suolo tutto ciò che si presentava davanti. Le strade sono state "bucherellate" per assicurarsi che non fossero occultate mine anticarro. In poche ore la città di Jenin si è trasformata in un vero e proprio campo di battaglia. Migliaia di palestinesi, oltre tremila, si sono riversati fuori dal campo profughi lunedì notte per sfuggire ai combattimenti mentre le forze israeliane proseguivano con l'operazione antiterrorismo.

Oltre mille soldati dell'IDF sono stati coinvolti nell’azione, che sembra essere la più invasiva mai realizzata negli ultimi vent’anni in Cisgiordania. «Negli ultimi mesi, Jenin è diventata una base operativa del terrorismo, vogliamo porre fine a tutto ciò», ha detto Netanyahu, sottolineando che le forze israeliane hanno ucciso diversi uomini armati, ne hanno arrestati altri e hanno trovato e distrutto una serie di strutture per la fabbricazione di armi e bombe, alcune "su scala industriale".

La reazione contro gli israeliani non si è fatta attendere. Ieri pomeriggio, sette persone sono rimaste ferite, quattro delle quali in modo molto grave, in un attacco terroristico con la tecnica dello speronamento e dell’accoltellamento nella zona nord di Tel Aviv. Secondo la polizia, l'aggressore, un palestinese, ha investito con il suo camioncino alcuni pedoni, per poi scendere dal mezzo e accoltellarne altri. L'attentatore è stato ucciso da un civile armato. Anche nelle vicinanze di Jenin, nelle stesse ore, un quattordicenne è stato arrestato dopo aver tentato di assalire con un coltello un israeliano.

Da quando è stata avviata l'operazione per reprimere il terrorismo, il numero delle persone, molte delle quali vittime innocenti, che quotidianamente rimangono uccise delle incursioni dell'esercito israeliano nelle città e nei villaggi della Cisgiordania, aumenta di giorno in giorno. In modo particolare, proprio a Jenin, città del nord della Palestina, che ospita un vasto campo profughi. Il numero dei cittadini ammazzati, dall’inizio dell’anno, oramai si avvicina alle quaranta unità, con un netto peggioramento rispetto a un 2022 che già aveva fatto segnare il peggior bilancio dal 2004, con 104 morti.

Il clima politico è esplosivo e le conseguenze ancora non si possono conoscere, ma soprattutto non si possono immaginare, se non intravedendo una situazione che riporta la mente agli anni quando israeliani e palestinesi erano ai ferri corti e attentati e reazioni, da ambo le parti, provocavano morte e distruzione. Il governo israeliano, dal canto suo, ha fatto trapelare la notizia che non c'è stato nessun cambio nella strategia militare, ma la gravità della situazione è provocata dallo scontro con alcune componenti della Jihad islamica.

Mentre l'operazione militare a Jenin era in corso, un gruppo di riservisti, che si era radunato davanti al parlamento israeliano, ha chiesto ai parlamentari della Knesset di fermarsi e bloccare la discussione della legge che prevede la revisione della giustizia. Nonostante le proteste in tutto Israele la Commissione Costituzione, Legge e Giustizia ha approvato, ieri pomeriggio, in prima lettura, il disegno di revisione della giustizia.