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Intristita e incattivita, l'Italia vivace e "scorretta" non c'è più

Un programma russo di intrattenimento - Ciao 2021 -, che è la parodia di uno spettacolo musicale italiano, offre la possibilità di constatare il grosso cambiamento dell'Italia avvenuto in pochi decenni. Da paese vivace, appassionato, creativo e impermeabile al "politicamente corretto", a nazione invecchiata, inaridita, piagata dall'assistenzialismo improduttivo e prigioniera del "politicamente corretto".

Cultura 03_01_2022

Sugli schermi della televisione pubblica russa in queste feste natalizie si è materializzata per la seconda volta un'Italia riprodotta “in laboratorio” che piace ai russi (e a molti italiani) forse più di quella vera.

Dopo il grande successo ottenuto l'anno scorso da Ciao 2020  - finto spettacolo musicale italiano di Capodanno (in italiano con sottotitoli) ricalcato sull'estetica nostrana degli anni Ottanta - il conduttore e autore satirico russo Ivan Urgant ha deciso di ripetere l'impresa. E così la sera del primo gennaio è andata in onda su Pervyi Canal (l'equivalente russo di Rai 1) l'edizione aggiornata del programma, Ciao 2021, presentata come la precedente dal suo improbabile alter ego italico “Giovanni Urganti”, con la partecipazione di molti personaggi della musica pop e dello spettacolo russi, sotto altrettanto improbabili pseudonimi ispirati al Bel Paese.

Le due trasmissioni, viste insieme, offrono molti spunti per ragionare sull'immagine del nostro paese in Russia; ma anche, più in generale, su quanto sia cambiata l'Italia dal punto di vista sociale e culturale negli ultimi decenni.
Urgant e i suoi collaboratori hanno trasposto in parole, musica e scenografia - con ammirevole leggerezza - l'idea dell'Italia coltivata da tanti loro compatrioti fin dagli anni della dittatura comunista, quando il festival di Sanremo e le tournée di cantanti melodici italiani come Al Bano, Toto Cutugno, Pupo, i Ricchi e Poveri rappresentavano per i sudditi dell'impero sovietico tra le pochissime occasioni d'incontro con la cultura occidentale. Ai russi l'Italia appariva, in contrasto con il lugubre e oppressivo grigiore della loro esistenza quotidiana, innanzitutto come il paese della gioia di vivere, dell'allegria, dei colori, dei piaceri, delle passioni.

Quell'idea, nonostante l'enorme volume di acqua passata sotto i ponti da allora, si è a quanto pare conservata sostanzialmente integra nel tempo, complice l'inveterato amore di tutti popoli nordici per la way of life mediterranea: tanto è vero che la vediamo oggi riproposta pari pari in Ciao 2020 e Ciao 2021. Con l'aggiunta della nostalgia per un periodo, come appunto gli anni Ottanta, ricordato già di per sé per il suo prorompente edonismo. I personaggi dello show “italiano” made in Moscow sono le sorridenti maschere di una nazione raffigurata con indulgente ironia come forse chiassosa, ma spensieratamente dedita a godersi la vita: a “musica, ritmo e stile” (come recita la sigla iniziale del programma di quest'anno). Cantanti, soubrette, ballerini, figuranti dello show si abbracciano e baciano rumorosamente, sfoggiano abiti sgargianti e pettinature vaporose, si struggono in canzoni esageratamente sentimentali, in ambientazioni e luci che ricordano trasmissioni vintage come Disco Ring, Drive in o Deejay Television.

Ma nella rivisitazione nostalgica russa del Bel Paese emerge un aspetto ulteriore particolarmente degno di nota, tipico di uno sguardo proveniente dal ventunesimo secolo inoltrato. La way of life italiana vi appare, infatti, significativamente anche come una delle ultime isole di resistenza culturale ai dogmi e ai precetti opprimenti del “politicamente corretto”. Rispetto a quella tendenza della cultura occidentale alla retorica colpevolizzante, alla censura, al moralismo più asfissiante giustificato dalla pretesa lotta alle discriminazioni - che i russi vedono prevalentemente come un fenomeno tanto stravagante quanto inquietante - l'atteggiamento “italiano” verso la vita appare loro come un argine ancora rassicurante; una zona franca in cui si possono ancora chiamare le cose, le persone, i sentimenti con i loro nomi consolidati dalla storia.

Il momento dello show in cui tale convinzione viene presentata con la maggiore evidenza è uno sketch collocato nei saluti iniziali. La soubrette/valletta denominata in italiano “Allegra” - bionda appariscente, prosperosa e super-abbronzata che incarna evidentemente l'ideale russo della bellezza femminile del nostro paese – dopo aver ricevuto dagli uomini sul palco una serie interminabile di apprezzamenti sulla sua avvenenza (“bellissima”, “sexyssima” … ) all'improvviso si irrigidisce e urla: “Basta! Questi vostri complimenti rasentano la molestia”, facendo cadere il gelo nella sala. Il conduttore interpretato da Urgant a questo punto si stringe nelle spalle e, alzando un dito ammonitore, ammette rassegnato e solenne: “È la nuova etica!”. Col capo cosparso di cenere, i presenti si profondono in scuse ad Allegra. Ma all'improvviso la ragazza spiazza tutti e scoppia a ridere: “Era uno scherzo! Siamo in Italia!”, suscitando un generale sospiro di sollievo. E lasciando chiaramente intendere che nel nostro paese l'ammirazione rivolta a una donna non potrebbe mai essere giudicata offensiva o importuna.

Ora, il principale motivo di riflessione offerto dal programma di Urgant e soci sta proprio nella distanza enorme che separa oggi lo stereotipo ironico e affettuoso dell'Italia vista da Mosca dalla realtà sociale e culturale attuale. Se si guarda con occhi disincantati alla storia italiana tra la seconda metà del Novecento e il nostro secolo, infatti, si deve necessariamente ammettere che dell'Italia vitale, creativa, spensierata, ottimista che, pur tra tanti problemi, si impose alll'ammirazione del mondo tra gli anni del boom economico e, appunto, gli Ottanta del “made in Italy”, sia rimasto oggi davvero ben poco. In suo luogo, sempre più si è andata materializzato una nazione intristita, rinunciataria, incattivita, inaridita. Una nazione segnata dal crollo demografico, dalla demolizione dell'istruzione, dalla crescita dell'assistenzialismo improduttivo, dalla ferocia autofaga dell'antipolitica giustizialista, dalla micro-conflittualità, dalla ricerca rabbiosa di capri espiatori.

Una nazione della quale le masse psicotizzate dal terrorismo pandemico, rassegnate a un regime tecno-paternalistico e  alla medicalizzazione della società, pronte all'odio per gli “untori” e i disobbedienti, venute in primo piano negli ultimi due anni con le reazioni suscitate dal Covid, sono la più impietosa espressione. E in quanto alla resistenza verso il politicamente corretto, non stiamo messi molto meglio. L'ideologia woke ha attecchito ormai decisamente anche nella nostra classe intellettuale, nel mondo dei media, nella politica, scopiazzando in forma ancor più trita le parole d'ordine provenienti d'oltreoceano e dal Nord Europa.

Insomma: cari amici russi che tanto ci amate ancora, sia pur attraverso il filtro dell'ironia, ci dispiace deludervi, ma il paese vivace, appassionato, indisciplinato, “scorretto” da voi messo in scena esiste ormai purtroppo quasi soltanto nei vostri sogni.