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Il Web trasforma la par condicio in una legge inutile

Agcom si spacca sull'applicazione della par condicio nella campagna referendaria. Ormai soprattutto le nuove generazioni navigano assiduamente in Rete e non sono più influenzabili attraverso giornali e mezzi radiotelevisivi. Chi crede di controllare il consenso irreggimentando questi ultimi, va incontro ad amare sorprese.

Politica 19_11_2016
Antonio Martusciello, commissario Agcom

Mentre negli Stati Uniti ci si interroga sul presunto influsso dei social sulla vittoria di Trump, in Italia si litiga ancora sul minutaggio riservato agli attori politici nelle trasmissioni televisive e su come far rispettare una legge sulla par condicio che appare sempre più vetusta e inapplicabile.

La campagna referendaria, che in televisione, secondo le regole, dovrebbe essere pesata con il bilancino per garantire equilibrio e parità di trattamento a tutti i contendenti, non trova d’accordo neppure gli stessi membri del Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), che nella riunione di giovedì si sono divisi. 

Ma veniamo ai fatti in ordine cronologico. Dopo la partecipazione del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi alla puntata di domenica scorsa di Che tempo che fa su Raitre, l’Agcom ha ordinato alla tv di Stato di far pervenire entro 24 ore la lista dei prossimi ospiti della trasmissione “per poter valutare il rispetto delle condizioni di parità di trattamento” ai sensi del regolamento della commissione di Vigilanza in materia di par condicio referendaria, “riservandosi la facoltà di adottare misure d’urgenza”. 

L’Authority, insomma, esaminando i dati di monitoraggio relativi alle due settimane del periodo di campagna referendaria dal 31 ottobre - 13 novembre 2016, ha bacchettato la Rai “in quanto già richiamata nella seduta dello scorso 10 novembre in qualità di concessionaria del servizio pubblico”, chiedendole di aumentare i tempi dedicati alla trattazione dell'argomento referendario sia nei notiziari, sia nei programmi di approfondimento. Lo stesso invito, chiaramente, è stato rivolto a Mediaset e a Sky.

Contemporaneamente, il Consiglio Agcom ha invitato le emittenti ad assicurare un’equilibrata presenza delle diverse forze politiche. Una direttiva, questa, che non è stata ben accolta neppure in seno all’Agcom. In particolare, a dissentire è stato il commissario Antonio Martusciello, che ha spiegato che non parteciperà più alle riunioni del Consiglio in materia di par condicio. 

“Le scelte adottate dall’Organo Collegiale non rispecchiano, a mio parere, la prassi seguita nelle passate campagne referendarie ed elettorali – ha spiegato - L’applicazione della normativa sulla par condicio da parte dell’Autorità è stata sempre improntata a far rispettare rigorosamente i principi di pluralismo, imparzialità, completezza, obiettività e parità di trattamento dell’informazione”.

Martusciello ricorda come in passato l’Autorità non abbia “mai mancato di adottare provvedimenti nei casi in cui ha rilevato la sovraesposizione del Presidente del Consiglio, di membri del Governo e di esponenti politici nelle trasmissioni di informazione e nei notiziari, soprattutto in caso di sovrapposizione di ruoli istituzionali e partitici”. 

Secondo il Commissario la campagna elettorale sul referendum “è stata caratterizzata fin dall’inizio dalla stretta correlazione tra le tematiche referendarie e quelle politiche”. Per questo motivo “l’Autorità ha deciso di esaminare sia il tempo relativo al referendum sia quello complessivamente dedicato alla politica”. Ma il Consiglio dell’Autorità garante per le comunicazioni “non ha dato seguito a questa impostazione con idonei provvedimenti” e, conclude Martusciello, “per questa ragione e per il discostamento dalla prassi che ha caratterizzato l’applicazione della legge nelle precedenti campagne, ho deciso di non partecipare più alle riunioni del Consiglio relative alla par condicio sino allo svolgimento del referendum”. In altre parole, Martusciello ritiene che l’Agcom apparentemente voglia far rispettare la par condicio ma in realtà non intenda fino in fondo colmare presunte disuguaglianze in favore del “si”, prendendo altro tempo. Forzando un po’ il concetto, l’accusa di Martusciello è di filo-renzismo. Non sappiamo se questa sia effettivamente la valutazione di Martusciello né se essa sia in qualche modo fondata. Registriamo, però, un dato. La spaccatura in seno all’Autorità anzitutto toglie credibilità al suo stesso operato perché, se sull’applicazione di una legge così importante in un periodo così decisivo per le sorti del Paese un soggetto come l’Agcom si lacera al suo interno, significa che le regole sono di difficile applicazione, la loro incisività risulta alquanto evanescente e tra i commissari dell’Autorità non ci sono visioni condivise rispetto alle modalità per garantire un effettivo pluralismo.

Al netto delle polemiche, tutto questo però impone una riflessione. La par condicio televisiva, al giorno d’oggi, è davvero così importante? Considerando che la maggior parte dell’opinione pubblica si informa ormai su altri canali – primo fra tutti il web – sembrerebbe ormai anacronistico rispettare una legge che cerca di disciplinare la propaganda elettorale, in questo caso referendaria, soltanto sull’emittenza radiotelevisiva. 

I sondaggi parlano di un netto vantaggio del “no”, ma anche di una buona fetta di elettori ancora indecisi. Chi riuscirà a convincerli? In Rete fino ad oggi è stato impossibile far rispettare la legge sulla "par condicio" emanata nel febbraio del duemila, quando l’ossessione della sinistra era quella di contenere la sovraesposizione mediatica di Berlusconi attraverso le sue televisioni. La forza persuasiva del web, allora, appariva assolutamente trascurabile rispetto al potere della tv. Ora però le cose sono cambiate. E dovremmo finalmente prenderne atto. Evitando di impantanarci in sterili diatribe su questioni ormai marginali in materia di propaganda politica. Ormai soprattutto le nuove generazioni navigano assiduamente in Rete e non sono più influenzabili attraverso giornali e mezzi radiotelevisivi. Chi crede di controllare il consenso irreggimentando questi ultimi, va incontro ad amare sorprese.