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L'EDITORIALE DI OGGI

Il suicidio energetico

La decisione della Germania di chiudere tutte le centrali nucleari, contrariamente a quanto si pensa, si risolverà in maggiore dipendenza da gas e carbone estero e in maggiori costi energetici. Un caso esemplare da tenere ben presente.

Editoriali 03_06_2011

La decisione della Germania di chiudere tutte le centrali nucleari sul proprio territorio entro il  2022 è stata accolta in Italia - e non solo - con grande soddisfazione dei soliti opinionisti del politicamente corretto. Soddisfazione accresciuta dal fatto che l’annuncio è arrivato a pochi giorni  del referendum sul nucleare del 12 e 13 giugno che la Corte di Cassazione ha confermato malgrado il governo sul tema avesse già fatto harakiri. C’è inoltre da attendersi che l’esempio della Germania venga presto seguito da altri paesi: la Svizzera ha già cominciato con un piano che prevede la chiusura entro il 2034.

Evviva, dunque, il mondo sarà più sicuro e felice. Così almeno è portata a pensare gran parte dell’opinione pubblica. Purtroppo però le cose stanno diversamente. Il fatto è che nel mondo sviluppato noi diamo per scontato l’accesso all’energia, la disponibilità di elettricità a basso prezzo e nella quantità che vogliamo. Ma non è così: la disponibilità di energia così come la conosciamo oggi è stata una grande conquista della modernità, ad un tempo effetto e causa dello sviluppo. Se non per avere studiato la storia, dovremmo averlo presente almeno guardando al mondo nella sua interezza: perché ci sono due miliardi di persone  – il 30% circa dell’umanità – che non hanno accesso all’energia elettrica, e sono le stesse persone che vivono in povertà e sottosviluppo.

Dunque, guai a dare per scontata la disponibilità di energia a basso costo e guai a pensare che la scelta delle fonti energetiche possa essere fatta come quella dei prodotti per la casa al supermercato. Il caso della Germania è esemplare perché la scelta no-nucleare è soltanto l’ultima puntata di una tendenza al suicidio energetico iniziata già da un ventennio sotta la spinta dei Verdi.

La Germania infatti potrebbe essere autosufficiente dal punto di vista energetico: tanto per cominciare ospita le più grandi riserve di carbone in Europa (attualmente questa fonte copre oltre il 40% del fabbisogno), ma – a causa dell’adesione al Protocollo di Kyoto e alla conseguente necessità di ridurre le emissioni di anidride carbonica - il carbone è diventato tabù, a vantaggio del gas naturale (attualmente copre il 20% del fabbisogno nazionale). La cosa sorprendente è che nel nord ovest della Germania vi è vasta disponibilità di gas, ma le rigide regolazioni ambientali ne hanno bloccato l’esplorazione e lo sfruttamento. Così già da tempo la Germania si è rivolta al gas russo: dal 1991 è aumentata del 40% l’importazione e ora il gas fornito dalla russa Gazprom copre il 40% di tutto il gas consumato dalla Germania. Tale dipendenza energetica dalla Russia non è indolore, visto che la politica estera di Mosca è spesso in contrasto con quella dell’Europa e degli Stati Uniti e che il governo russo ha già dimostrato più volte di non avere paura di chiudere i rubinetti del gas se vuole ottenere qualcosa.

Ora arriva anche la scelta della rinuncia definitiva al nucleare, il che significa che nel giro di 11 anni la Germania dovrà provvedere a trovare con altre fonti il 30% circa dell’energia di cui ha bisogno. Fotovoltaico ed eolico, ha detto il governo tedesco secondo la logica del supermercato. Annuncio che ha fatto saltare di gioia tutti i nostri ambientalisti, vecchi e convertiti, ma si sa che non potrà essere così: l’energia nucleare costa un terzo di quella eolica e un ventesimo di quella solare, senza contare i problemi per trovare gli spazi necessari per piazzare tutte le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici necessari a produrre così tanta energia. La via delle rinnovabili è perciò proibitiva.

Le strade realistiche che la Germania dovrà percorrere sono altre, e sono molto meno romantiche e bucoliche di quanto si possa pensare: intanto aumenterà la dipendenza dalla Russia per il gas, considerato che l’anno prossimo entrerà anche in funzione il gasdotto del Nord, che collega direttamente la Russia alla Germania. Poi ci si rivolgerà al nucleare francese, che sta già sostituendo quello prodotto dalle sette centrali tedesche fermate subito dopo l’incidente di Fukushima: in Francia l’opinione pubblica, insieme al governo, resta pro-nucleare e a questo punto ci sono le premesse perché intensifichi la produzione con questa fonte per rispondere ai bisogni della Germania ma anche dell’Italia. Infine, si rivolgerà alla Polonia per il carbone, che già provvede il 90% dell’elettricità di quel paese: costruire nuove centrali a carbone è relativamente economico e veloce.

In altre parole il futuro della Germania vede costi maggiori per l’energia, che ne limiterà il ruolo di locomotiva europea, e una forte dipendenza dall’estero che limiterà fortemente l’autonomia politica non solo della Germania ma dell’Europa intera.

Chi pensa che la rinuncia al nucleare sia fondamentale per un futuro migliore, è bene che ci rifletta seriamente.