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La posizione

Il cardinale Czerny e il “dialogo radicale”

In occasione del decimo anniversario della Laudato si’, il cardinale Czerny parla del dialogo come di «un approccio autenticamente radicale». Ma il dialogo, senza principi e fini veri e buoni, finisce in chiacchiera.

Dottrina sociale 22_05_2025

L’ultimo numero della rivista Aggiornamenti sociali dei gesuiti milanesi dedica la sua sezione “Dialoghi” al decimo anniversario dell’enciclica Laudato si’ (pp. 301-304) con una intervista – tra l’altro – al cardinale Michael Czerny, gesuita, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Titolo dell’intervista: Radicalmente aperti al dialogo.

Il cardinale dice che, dopo aver letto l’enciclica per la prima volta, si aspettava di trovarvi una strategia elaborata ma «con mia grande sorpresa, invece, la risposta dell’enciclica è semplicemente il dialogo, nei cinque ambiti oggetto del capitolo 5 (…). Ma, riflettendoci, ci rendiamo conto che nulla potrebbe essere più appropriato, più radicale, più stimolante e, se provato, più promettente (…). Il dialogo è un approccio autenticamente radicale, nel senso che va alle radici: significa ascoltare, parlare, discernere e procedere insieme… come abbiamo imparato a fare attraverso il Sinodo, includendo tutte le parti in causa e mettendo da parte gli interessi individuali. Non credo che nessun attivista per l’ambiente, nessuna figura politica o religiosa, abbia mai avuto l’audacia della Laudato si’ nel presentare la causa più profonda della crisi ecologica: la mancanza di ascolto e dialogo».

Questa visione “radicale” del dialogo non mi sembra molto condivisibile. Non si comincia dal dialogo, perché allora si dialogherebbe solo per dialogare. Si comincia da una conoscenza di principi e fini che poi, semmai, si sottopone anche al dialogo per difenderne la verità, per proporla in modo più argomentato, per migliorarla se possibile tramite le osservazioni e i consigli degli esperti o dei saggi, specialmente quando il dialogo riguarda le scelte da compiere in situazioni non chiare. Un dialogo che cominci da sé stesso sarebbe “chiacchiera” che perfino Martin Heidegger in Essere e tempo condanna come inautentica. Czerny assomiglia a Jürgen Habermas, secondo il quale la verità null’altro è se non quanto emerge da un pubblico dibattito al quale tutti abbiamo accesso. Ma perfino lui finisce poi per evidenziare il bisogno di principi precedenti e sottratti al dialogo – almeno in via di ipotesi concordata – per legittimare il dialogo ed evitare che diventi chiacchiera.

Questa storia del “dialogo” ce la portiamo avanti a cominciare dall’enciclica Ecclesiam suam di Paolo VI, ma è già da molto tempo che ha preso pieghe molto discutibili.

Stefano Fontana