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I tre giorni del condor e lo spionaggio dietro l'editoria

I tre giorni del Condor ci rivela l’esistenza delle operazioni OSINT, spionaggio che non utilizza cifrari segreti, ma strumenti accessibili a tutti come romanzi, quotidiani e riviste. Anche oggi l’editoria non ha solo la funzione di produrre utili selezionando testi che possano intrattenere un pubblico semi-colto o convinto di esserlo. È anche – se non principalmente – lo strumento di operazioni culturali o di spionaggio.

Cultura 09_08_2021

Nel 1975 l’italiano Dino De Laurentis firma in qualità di produttore esecutivo un importante film hollywoodiano: I tre giorni del condor, tratto da un quasi omonimo romanzo di James Grady (I sei giorni del condor). Condor è il nome in codice di Joseph Turner (Robert Redford), impiegato della CIA con il compito di… leggere (poi ci torneremo). Mentre è fuori per comprare la colazione, tutta la sua sezione viene trucidata da alcuni killer. Comincia così una caccia all’uomo che porterà il condor alla scoperta di una parte deviata dei servizi segreti che agisce in autonomia e in clandestinità. Si tratta di un thriller spionistico di buon livello (ad esclusione della parentesi romantica tra il condor e Kathy (Faye Dunaway), con un cast importante nel quale spicca Max von Sydow (il killer Joubert).

La particolarità di questo film, tuttavia, consiste nel rivelare l’esistenza delle operazioni OSINT (Open Source INTelligence), ossia operazioni di spionaggio che non utilizzano cifrari e messaggi segreti, ma strumenti accessibili a tutti come romanzi, quotidiani e riviste. La sezione del condor si occupa proprio di questo e Turner, in particolare, ha il compito di leggere romanzi e di segnalare qualsiasi cosa sembri sospetta. Io stesso ho conosciuto casualmente una persona che svolgeva questo lavoro: leggere di tutto e segnalare le «stranezze». Non lavorava per nessun governo, anzi: mi ha spiegato che l’immagine geopolitica che abbiamo in testa (stati nazionali che giocano a scacchi tra loro nel perseguimento dei propri interessi) è falsa e fuorviante: i giocatori non sono gli stati, ma altri enti spesso meno visibili.

Un chiarissimo (a mio parere) esempio di questo tipo di operazioni è costituita da una trilogia firmata da un certo Marc Saudade: Bersagli mobili (1984), L’ambasciatore di Panama (1985), El Centro (1987). Sono romanzi pubblicati da un importantissimo editore italiano (Mondadori) eppure di difficilissima reperibilità, praticamente introvabili. Questi libri mostrano alti funzionari ONU coinvolti in traffici che hanno come commodity esseri umani: traffici di bambini, stupri, violenze orripilanti di ogni tipo. In una intervista a Repubblica (22 maggio 1987), Saudade dichiara: «[…] tutto questo è cronaca, tutto questo si trova in pagine separate nei giornali, che non stabiliscono mai le connessioni. Ecco un servizio di Time sul Guatemala, ecco il Figaro sulla tortura in Iran, ecco il caso italiano di Emanuela Orlandi, ecco un dossier sull'attentato al Papa, ecco un titolo del Corriere della Sera: Sette chili di eroina per i Br della camorra, ecco un pezzo del New York Times dove si spiega come Barbie venne arruolato dai servizi americani dopo che ebbe spiegato come aveva catturato Jean Moulin e che cosa gli aveva fatto, ecco un fascicolo sugli scienziati inglesi suicidi, ecco l' Etiopia e la Somalia, ecco la politica della fame totale, ecco un titolo di Repubblica di due mesi fa: Trafficanti di bambini nei sotterranei dell' Unicef... ».

Già: nei suoi libri si rivela anche (ad un lettore molto attento) chi ha fatto l’attentato a Giovanni Paolo II. Ovviamente, Marc Saudade è lo pseudonimo di un italiano molto influente e dalla biografia parecchio interessante. Dunque, esistono libri pubblicati sotto pseudonimo, per case editrici molto importanti, che vengono ripresi dai maggiori quotidiani italiani ma, per il popolo, praticamente introvabili. Joseph Turner aggiungerebbe: «libri che non si vendono, ma vengono tradotti nel più buffo assortimento di lingue». A queste parole, come non pensare a Il pendolo di Foucault di Umberto Eco?

Tuttavia, tra le operazioni OSINT e la letteratura d’evasione, c’è un livello intermedio: libri che io definisco «commissionati». Si tratta di libri raffazzonati, dal valore piuttosto dubbio, che vengono pubblicizzati in ogni modo (sui quotidiani, su internet…) e, inspiegabilmente, vendono milioni di copie. Servono, probabilmente, per lanciare slogan e nuove idee tra il pubblico colto, quello che legge libri e ha un atteggiamento sprezzante nei confronti della più popolare televisione. Talvolta hanno un capitolo fatto bene, centrato sul tema, destinato a influenzare l’opinione pubblica; più qualche capitolo-fuffa per riuscire a comporre un libro. A questo tipo di prodotto editoriale potremmo ascrivere, a mio parere, Harari, Fukujama, Baumann e (probabilmente scandalizzerò qualcuno) Rod Dreher.

Insomma, l’editoria non ha solo la funzione di produrre utili selezionando testi che possano intrattenere un pubblico semi-colto o convinto di esserlo. È anche – se non principalmente – lo strumento di operazioni culturali o di spionaggio.

Ringraziamo, dunque, il film I tre giorni del condor per averci aperto questa finestra su un mondo oscuro e poco conosciuto.