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SUICIDIO ASSISTITO

Fine vita, vescovi contro il Magistero? È la protestantizzazione

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Autorità ecclesiastiche che danno indicazioni contrarie all'insegnamento della Chiesa: è già successo molte volte, e l'origine teologica sta nella precedenza data all'interpretazione attuale rispetto alla definitività degli insegnamenti. È il pensiero moderno penetrato attraverso la teologia protestante.
- ProVita: "Fermate quella legge", di Fabio Piemonte

Editoriali 18_07_2025

Nel suo ultimo editoriale il direttore Cascioli ha messo in evidenza la coerente incoerenza di molti ecclesiastici, anche di primo piano, che a proposito del suicidio assistito danno indicazioni contrarie a quanto dichiarato in modo irreformabile dal Magistero. La cosa è ampiamente successa anche in passato, basti pensare che il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), ha più volte considerato la 194 una “legge giusta”. Ora si va ripetendo per il suicidio assistito: il Magistero esclude assolutamente un voto a favore di una legge simile, gli ecclesiastici invece invitano al dialogo. Non è pensabile che un simile atteggiamento sia dovuto al caso.

Se si dovesse andare all’origine teologica si dovrebbe parlare della penetrazione dell’ermeneutica moderna nella teologia cattolica. L’ermeneutica è la scienza dell’interpretazione, ma nella sua versione moderna essa pretende di essere l’unica modalità di conoscere e pensare, si propone come la ragione stessa. Propongo un esempio per capirci. Ammettiamo che io mi accinga a visionare un film. Prima di iniziare a vederlo avrò già una previsione o precomprensione di quel film, non mi accosterò ad esso in modo neutro e oggettivo. Tale precognizione guiderà la mia visione e sottolineerà alcuni elementi nascondendone altri. Alla fine, avrò maturato una nuova visione del film, diversa da quella di partenza, che utilizzerei per vedere il film una seconda volta, se lo desiderassi. La nuova precomprensione orienterà questa nuova visione, portando alla luce elementi del film che in precedenza non erano stati focalizzati perché la precedente precomprensione non lo permetteva. Nel frattempo, però, non solo è cambiata la conoscenza del contenuto del film, ma io stesso, interpretando il film, sono cambiato perché le nuove acquisizioni hanno mutato i miei criteri. Nella interpretazione del film io ho portato con me tutto il mio bagaglio esistenziale, e l’interpretazione ha avuto un effetto di ritorno sull’intero mio mondo.

L’interpretazione modifica l’oggetto e nello stesso tempo il soggetto. Nella interpretazione del film è possibile che vengano alla luce elementi che l’autore – il regista – non intendeva metterci, sicché ogni nuova interpretazione è come una nuova regia, come ogni rilettura di un romanzo è come una sua riscrittura. Tale processo è infinito, non potrà mai emergere su quel film una parola definitiva, si potranno eliminare errori interpretativi quando questi dovessero entrare in conflitto con la lettera del film, ma non si uscirà dal processo e non ci sarà approdo. La conoscenza è strutturalmente storica ed esistenziale, e non metafisica, perché l’uomo è comunque “dentro” la propria esistenza, e non fuori o al di sopra. Questo dice l’ermeneutica moderna.

Applichiamo adesso questa visione alla vita di Gesù Cristo, alla fissazione dei dogmi da parte della Chiesa, alla definizione dei principi di morale naturale e rivelata, in altre parole a tutto quanto è scritto nel Catechismo: tutto sarà come davanti ad un film, si tratterà di interpretazioni a partire da situazioni date storicamente, le definizioni dogmatiche risentiranno del contesto in cui sono state formulate, così pure gli insegnamenti magisteriali, niente potrà pretendere di avere un valore definitivo, al massimo potrà valere come una sedimentazione di interpretazioni avvenute lungo la storia: se tutto è frutto di interpretazione allora tutto è nuovamente interpretabile perché, come si dice, “la storia cambia”.
Le parole di Gesù Cristo sul divorzio riportate dal Vangelo diventano il frutto di una interpretazione perché non c’era il registratore, ossia possono essere interpretate nuovamente e diversamente, come infatti ha fatto Amoris laetitia. Del resto, mentre cambiano i contenuti della interpretazione, cambia anche il soggetto interpretante, ossia la Chiesa. Nella conoscenza si modifica il conosciuto ma anche il conoscente, come nella visione di un film.
San Vincenzo di Lerino e il cardinale John Henry Newman non erano di questa idea, ma ciò non ha impedito a questa idea di fare molta strada. L’ermeneutica moderna è ampiamente penetrata nella teologia cattolica tramite la teologia protestante. Heidegger e Gadamer sono considerati alla stregua di Agostino e Tommaso.

In questo quadro si comprende la possibilità che quanto detto, anche ripetutamente, dal magistero, possa essere reinterpretato dal nuovo magistero e che il magistero precedente sia considerato come un “magistero imperfetto”, solo per il fatto di essere precedente. Di solito si legittimano queste cose distinguendo tra il contenuto e l’involucro, il primo sarebbe stabile mentre il secondo si trasformerebbe, ma si tratta di una distinzione molto difficile da applicare, perché i confini tra i due non sono mai netti. Da qui si comprende anche che il magistero più recente è ritenuto più attendibile del precedente, perché la “storia degli effetti” delle precedenti interpretazioni fornisce nuova luce: la Rivelazione non è finita con la morte dell’ultimo apostolo, ma continua nella storia, come un film non finisce né con la morte del regista né con la scritta The End. I precedenti pronunciamenti del magistero non solo non sono irreformabili, ma vanno letti alla luce del presente magistero che li relativizzerà in quanto legati alla loro situazione di allora, dimenticando di essere anche esso dipendente dalla propria situazione, quella di adesso.  



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