Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Giovedì Santo a cura di Ermes Dovico
USA

Elezioni Mid-Term: Trump domina fra i Repubblicani

Potrebbero essere le elezioni della "vendetta": quasi tutti i candidati repubblicani che hanno vinto le primarie (per potersi presentare alle prossime elezioni di Medio Termine) sono scelti e appoggiati da Donald Trump. Distrutti i "never Trump". L'ex presidente è evidentemente ancora molto popolare.

Esteri 17_09_2022
Donald Trump fra i suoi supporters in Pennsylvania

Questa settimana, negli Stati Uniti, si è conclusa la lunghissima stagione delle elezioni primarie. Gli elettori di entrambi i partiti hanno selezionato, col loro voto, chi dovrà essere candidato per le prossime elezioni di Medio Termine, che si terranno l’8 novembre prossimo. Solo nella Louisiana, in due turni, si voteranno le primarie assieme alle elezioni del Senato. In palio ci sono i governi di 36 Stati e 3 Territori (Guam, Marianne e Isole Vergini), tutta la Camera e un terzo del Senato federale. Il voto sarà determinante per stabilire i rapporti di forza fra Repubblicani e Democratici, o condannando il presidente Joe Biden al ruolo di “anatra zoppa”, oppure confermando l’egemonia dei Democratici. Benché non siano elezioni presidenziali e Donald Trump non abbia (almeno per ora) annunciato la sua candidatura per il 2024, la sua presenza è incombente anche in questa tornata elettorale. Praticamente tutti i candidati repubblicani sono stati scelti o appoggiati dall’ex presidente.

Le ultime primarie si sono tenute nel New Hampshire. I Democratici candidano per il Senato Maggie Hassan, mentre i Repubblicani l’ex generale Don Bolduc, appoggiato da Trump, anche perché convinto che le elezioni del 2020 non fossero regolari. Per la Camera, la sfidante repubblicana del deputato democratico Chris Pappas sarà Karoline Leavitt: già ufficio stampa dell’amministrazione Trump. Sempre per la Camera, nell’altro distretto dello Stato, a sfidare la deputata democratica Ann McLane Kuster, sarà un altro trumpiano di ferro, Robert Burns, imprenditore.

Il New Hampshire è solo l’ultimo di una lunga serie di Stati in cui i candidati appoggiati dall’ex presidente vincono tutte le corse. In totale, Trump ha appoggiato circa 200 nomi: il 92% di loro ha vinto. Nelle scorse elezioni di Medio Termine, nel 2018, durante la sua amministrazione, ne aveva sostenuti meno della metà.

In parte, il segreto del successo sta nella scelta dei nomi. La maggioranza schiacciante (il 74%) era costituita da governatori, deputati e senatori già in carica e da rieleggere. Altri 54 erano senza rivali, a seguito di ritiri e di cambiamenti dei confini distrettuali. Solo in dieci casi, il “trumpiano” doveva sfidare un Repubblicano già in carica ed è finita quasi pari: 1 ritiro, 4 vittorie, 5 sconfitte. In generale, comunque, l’ex presidente si porta a casa la quasi totalità dei candidati e può cambiare il volto del Grand Old Party (Gop).

I criteri di scelta? Candidati forti, fedeltà alla linea America First, non aver votato per l’impeachment di Trump assieme ai Democratici. Nel 42% dei casi, si tratta di deputati e senatori che hanno votato anche per annullare l’esito delle elezioni del 2020. Per questo si parla insistentemente, nei media americani, di una volontà di “vendetta” da parte dell’ex presidente, escluso dai social network, trattato da eversivo dalla nuova amministrazione, indagato (proprio ieri è stato nominato il magistrato che esaminerà le migliaia di documenti sequestrati nella sua residenza a Mar a Lago), ma ancora molto popolare. Clamorosa, ad esempio, la sconfitta di Liz Cheney (figlia dell’ex vicepresidente Dick Cheney) nelle primarie del Wyoming, battuta dalla trumpiana Hageman: la Cheney ha chiuso una carriera che stava durando da tre mandati, la sua colpa principale è stata quella di aver sposato la linea dei “never-Trump” votando anche a favore dell’impeachment.

Bisogna sempre tenere a mente che le primarie statunitensi non sono “un affare di partito”. I risultati non sono determinati dalle scelte di poche migliaia di iscritti, o dalle segreterie. Si tratta di elezioni vere, aperte, in cui qualunque cittadino può iscriversi e votare. Il sostegno di Trump, dunque, è una garanzia di popolarità fra gli elettori della destra americana. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e dovrebbero far riflettere: evidentemente la maggioranza schiacciante lo ritiene vittima di un’ingiustizia e ha voluto premiare governatori, deputati, senatori e candidati che lo hanno sostenuto nella sua lotta contro l’establishment. Non vanno sottovalutati altri fattori: la maggioranza degli americani riteneva di stare meglio nel 2020 che nel 2016, perché la politica economica di Trump, nonostante il Covid, aveva creato le condizioni di un boom economico. Il primo anno e mezzo di Biden, al contrario, ha portato inflazione e crisi.

Non è detto, comunque, che la nuova egemonia del vecchio presidente sia una garanzia di successo per il Gop. I sondaggi, per quel che possono valere, stanno registrando un forte calo di consensi negli ultimi due mesi. Secondo la media dei sondaggi di Real Clear Politics, alla Camera i Democratici avrebbero ora un leggero vantaggio (+1,2 punti) dopo essere stati dati per perdenti fino alla fine di luglio. Il Senato, sempre secondo la media dei sondaggi, potrebbe finire, di nuovo, in un pareggio. Fra i governatori, invece, i Repubblicani potrebbero conquistare quattro Stati attualmente democratici (Kansas, Nevada, Pennsylvania, Wisconsin), aumentando la loro maggioranza sul territorio: il governo di 30 Stati contro 20 di sinistra.

I Democratici contano sulla mobilitazione del loro elettorato, soprattutto giovane, femminile e delle minoranze, sul tema dell’aborto. E il fatto di ritrovarsi quasi sempre contro candidati scelti da Trump, facilita la continua demonizzazione dell’ex presidente. Con una violenta campagna pro-choice, appoggiata dall’amministrazione Biden, mirano a stigmatizzare l’avversario, presentandolo come “nemico delle donne e dei diritti”. Stando ai sondaggi questa campagna sta avendo successo, se non altro perché intimidisce l’avversario. Ma proprio per questo i sondaggi devono essere presi con beneficio d’inventario: molti hanno paura e non dichiarano le loro preferenze, ma nel segreto dell’urna potrebbero votare per il Gop.