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LA POLEMICA

Delpini e la porpora, il problema di Milano è ben altro

Mentre tiene ancora banco la polemica sulle parole pronunciate dall'arcivescovo di Milano davanti al neo-cardinale e vescovo di Como e rivolte anche al Papa, sarebbe auspicabile che la preoccupazione di monsignor Delpini si volgesse a far sì che l'arcidiocesi di Milano non sia complice in scelte pastorali che portano disorientamento tra i fedeli.
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Ecclesia 03_09_2022
Monsignor Delpini nel duomo di Como

Ha creato molte reazioni l’intervento dell’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, al pontificale svoltosi il 31 agosto a Como per il patrono della città, Sant’Abbondio. Era anche l’occasione in cui i vescovi della Lombardia, le autorità locali e i fedeli della diocesi si ritrovavano per salutare il vescovo della diocesi Oscar Cantoni, che aveva ricevuto la porpora di cardinale da papa Francesco appena 4 giorni prima. Ed è proprio questa nomina che ha provocato il discusso intervento di Delpini, nel saluto a nome di tutti i vescovi lombardi al termine della Messa.

Provando a rispondere sul perché il Papa abbia nominato cardinale il vescovo di Como, diocesi suffraganea di Milano, e non lui, un Delpini più sarcastico che ironico ha ipotizzato tre motivi, tirando diverse stilettate sia a papa Francesco (riciclando la famosa barzelletta sul pensiero dei gesuiti che è uno dei tre segreti che neanche Dio conosce) che al cardinale Cantoni (giocando su Como città perdente e dove il vescovo non ha molto da fare).

Per alcuni quello di monsignor Delpini è stato un intervento sgradevole e fuori luogo, un atto di superbia e la dimostrazione di un attaccamento al potere, con relativo rosicamento per la mancata porpora. Sul fronte opposto altri commentatori pensano che invece si tratti di un malinteso, perché l’ironia è il registro che Delpini usa abitualmente tanto che lo ha fatto anche per il suo insediamento a Milano; non ci sarebbe stata perciò nessuna maliziosità o “sassolino tolto dalla scarpa”.

Che monsignor Delpini ami usare l’ironia è fuori discussione, ma riascoltando la registrazione e tenendo conto dell’occasione e del ruolo si fa davvero fatica a derubricare il suo intervento a spiritosaggine non compresa. Non si è trattato di una battuta malriuscita ma di un discorso articolato, quindi preparato e voluto. Certe battute sarebbero state già azzardate in un bar con degli amici, figurarsi pronunciate per un pontificale nella cattedrale di Como, a nome di tutti i vescovi della Lombardia.
Piuttosto si ha l’impressione che monsignor Delpini, con il suo stile, abbia dato voce al malumore diffuso già da tempo nella diocesi ambrosiana per la “punizione” della mancanza di porpora per il suo titolare, che dura da cinque anni e quattro concistori. La nomina a cardinale del vescovo di Como in questa occasione poi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, l’affronto a Milano troppo evidente.

E non può passare inosservato che le battute al vetriolo di monsignor Delpini su Papa e vescovo di Como siano state accolte con risate compiaciute – soprattutto degli altri vescovi, ad eccezione del cardinale Coccopalmerio e, ovviamente, del povero neo-cardinale Cantoni – e applausi dei fedeli presenti. Uno spettacolo davvero inedito e, per certi versi, sconcertante.

Difficile negare che le parole di Delpini siano state inappropriate per l’occasione e che certi regolamenti di conti non è bene siano fatti nel corso di una liturgia. Anche questo è un modo per degradare l’istituzione episcopale. A parziale discolpa di Delpini c’è il fatto che da qualche anno lo stile informale; il costume di parlare a ruota libera in qualsiasi occasione; la tendenza a cancellare la linea che separa il Magistero dalle opinioni da bar; in altre parole la via dello svilimento dell’istituzione ecclesiale è stata imboccata dal Papa in persona. E in questo clima è inevitabile che anche i vescovi si adeguino.

C’è però un’altra questione che va rilevata e che è molto più grave. Oggi fa molto rumore questa espressione di dissenso di fronte a certe scelte fatte da Roma sulle nomine cardinalizie - il cui criterio oggettivamente è incomprensibile -, ma è amaro constatare che l'arcivescovo di Milano esprima obiezioni soltanto davanti a questioni che la maggior parte della gente percepisce come problemi di carriere ecclesiastiche personali. Mentre invece in questi anni l’arcidiocesi di Milano, come abbiamo avuto modo di rilevare più volte, è sempre stata più realista del re nel seguire indicazioni pastorali che hanno portato confusione e disorientamento tra fedeli e sacerdoti. O che hanno asservito la Chiesa allo Stato, come accaduto durante la pandemia.

Piuttosto che ironizzare sulle porpore distribuite alla cieca, sarebbe molto più utile alla fede dei cattolici ambrosiani che il vescovo difendesse e promuovesse pubblicamente il deposito della fede, anche da chi nella sua stessa Curia lavora per la protestantizzazione della Chiesa. Anche perché, visti i precedenti, non è detto che monsignor Delpini abbia molto tempo a disposizione. La misericordia è in agguato.