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ELEZIONI

Croazia: vince il socialista Milanovic. Cattolici delusi

Presidenziali in Croazia: nel ballottaggio fra il socialdemocratico Milanovic e la conservatrice Grabar-Kitarovic, ha vinto il primo. La presidente uscente, cattolica, era troppo "adulta" sui temi etici per avere la fiducia dei cattolici. Che alla fine si sono astenuti in buona parte, non vedendo fra i due alcun "male minore".

Esteri 06_01_2020
Milanovic al voto

Villa Zagorje, un tempo lussuosissima residenza zagabrese del maresciallo Tito posta nel quartiere altoborghese collinare di Pantovčak, dalla fine del 1991 residenza ufficiale del Presidente della Repubblica di Croazia, ha da oggi un nuovo inquilino: si tratta di Zoran Milanović, cinquantaquattro anni, battezzato segretamente dalla nonna materna ma ateo, sposato con una cattolica praticante (di idee "adulte") dalla quale ha avuto due figli maschi. Milanović è stato segretario del Partito Socialdemocratico (SDP) dal 2007 al 2015, e primo ministro dal 2011 al 2015. Nel turno di ballottaggio delle elezioni presidenziali croate ha ottenuto il 52,69%, contro il 47,31% della sua avversaria, la presidente uscente Kolinda Grabar-Kitarović, sostenuta dal partito di centro-destra attualmente al governo, l'HDZ.

Per la quarta volta su cinque elezioni presidenziali del dopo-Tudjman, quindi, un candidato della sinistra viene eletto alla massima carica dello Stato. Nel caso di Milanović la cosa è ancora più sorprendente in quanto viene eletto un uomo politico che come primo ministro ha compiuto solamente disastri, e di conseguenza è stato duramente sconfitto alle elezioni parlamentari successive al suo mandato, solamente cinque anni fa, facendo precipitare il suo partito in una crisi dalla quale ancora oggi stenta a uscire.

Paradossalmente, quindi, l'elezione del leader socialdemocratico più che a suoi meriti, va ascritta ai demeriti della presidente uscente, e soprattutto a quelli del primo ministro e leader dell'HDZ - e dal 1° gennaio presidente di turno dell'Unione Europea - Andrej Plenković. Quest'ultimo infatti ha portato il partito fondato dal primo presidente Tudjman su posizioni molto più europeiste, centriste e laiciste di quanto non fosse stato fino a ora, e la presidente uscente si è adeguata a questa politica, ad esempio esprimendo posizioni su temi sensibili quali l'aborto e l'adozione di bambini a coppie omosessuali che non si differenziano in alcun modo da quelle del suo avversario socialdemocratico.

A differenza di cinque anni fa, quando vinse per un soffio sul candidato socialdemocratico e allora presidente uscente Ivo Josipović, nel primo turno di queste elezioni presidenziali Kolinda Grabar-Kitarović ha dovuto affrontare, superandolo di poco, un forte avversario nello stesso centro-destra, il cantante e imprenditore Miroslav Škoro, che si è presentato in netta contrapposizione alla politica centrista e laicista di Plenković, condivisa dalla presidente uscente, così che quest'ultima non ha potuto godere del completo travaso dei consensi ottenuti da Škoro, cosa che invece sarebbe avvenuta se a vincere il duello intestino al centro-destra fosse stato quest'ultimo. Così il 51% dei voti ottenuti dai due candidati del centro-destra nel primo turno non si sono nuovamente materializzati a favore della presidente uscente.

In questo quadro va sottolineata la grande prova di maturità politica di una parte del mondo cattolico, che nel primo turno aveva votato per Škoro. Molti elettori cattolici non si sono lasciati irretire da alcune voci nello stesso campo cattolico che invitavano a votare per la presidente uscente in nome di un presunto "male minore" o che agitavano lo spauracchio di un nuovo mandato presidenziale a un "comunista". Lo si era notato già durante le due settimane di campagna elettorale prima del ballottaggio sui social network, e la cosa è stata confermata dalle urne: molti cattolici non hanno considerato Kolinda Grabar-Kitarović un male minore, bensì un male tale e quale quello rappresentato da Milanović, e non hanno votato né l'una né l'altro, astenendosi dal voto o annullando la scheda elettorale. Alla fine tra i due candidati vi sono stati circa 100.000 voti di differenza, ma quasi 90.000 sono stati i voti nulli, che sommati a chi si è astenuto, fa comprendere come proprio dal fronte cattolico o comunque di centro-destra sia arrivata la sconfitta della presidente uscente.

Dopo le elezioni europee, in occasione delle quali l'HDZ aveva perso il 7% a vantaggio quasi esclusivo della lista dei sovranisti, che aveva ottenuto l'8%, questo è il secondo, e forse decisivo avvertimento dei croati di centro-destra, la stragrande maggioranza dei quali è rappresentata dai cattolici, all'HDZ di Plenković, che essi non accettano l'appiattimento del partito su posizioni laiciste e sui desiderata di Bruxelles, ivi inclusa la totale apertura all'avvicinamento della Serbia all'Unione Europea. Dopo anni di mugugni, finalmente essi hanno trovato in Miroslav Škoro e nella sua alleanza croato-patriottica una personalità che esprime politicamente la loro insoddisfazione. Se Škoro riuscirà a tenere insieme le varie anime della coalizione che l'ha appoggiato in occasione queste elezioni presidenziali, per lui è spianata la strada verso il governo del Paese.

C'è da pensare che ora nell'HDZ vi sarà la resa dei conti, e che soprattutto l'ex ministro degli esteri, Ivo Stier, caduto in disgrazia per le sue posizioni contrarie a quelle del presidente del partito, e rimasto pazientemente nell'ombra attendendo il suo momento, abbia ottime carte per salire al potere nel partito per riportarlo a posizioni politiche più tradizionali.

E' possibile che ciò tuttavia arrivi troppo tardi per l'HDZ, un partito che ha ormai da tempo esaurito il proprio ruolo storico, e che da anni ormai è aggrappato al potere solamente grazie a clientelismo, corruzione e malaffare. In ogni caso, un'alleanza tra le due anime del centro-destra croato sarebbe una buona notizia, poiché un centro-destra unito e attento alle posizioni cattoliche sui temi etici, può facilmente avere ragione dei socialdemocratici.