Cristiani in Medio Oriente, rischio estinzione
Guerre e persecuzioni continuano a costringere i cristiani a lasciare il Medio Oriente, dalla Terra Santa al Libano, alla Siria. L’opera di aiuto, in silenzio, della Chiesa di Gerusalemme. Il ruolo dell’Occidente. Dal videoincontro di Riccardo Cascioli con Elisa Gestri e Nicola Scopelliti.

Nel Medio Oriente tribolato da guerre, dalle tensioni che riguardano Israele, dal proliferare di gruppi fondamentalisti islamici, una delle prime conseguenze è il periodico esodo dei cristiani, che si trovano costretti a lasciare le terre dove ha vissuto Gesù e che sono state la culla del cristianesimo.
Di questo si è parlato nella diretta di ieri dei Venerdì della Bussola, intitolata Cristiani in Medio Oriente. Rischio estinzione. Alla conduzione il direttore Riccardo Cascioli, che ha avuto come ospiti due collaboratori del nostro quotidiano esperti di questioni mediorientali: Elisa Gestri, in collegamento da Beirut, e Nicola Scopelliti, che fa la spola tra il Veneto e la Terra Santa.
A proposito dei cristiani in Terra Santa, Scopelliti sottolinea che «vivono in condizioni veramente abbastanza pietose. Vivono in una morsa, dove da una parte ci sono i musulmani e dall’altra gli ebrei». Secondo il giornalista, non si può parlare di una fuga di massa dalla Terra Santa, ma dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas (ottobre 2023) diverse famiglie cristiane hanno lasciato città come Betlemme, Jenin, Ramallah e altre ancora. Scopelliti parla di «un nuovo Erode» che perseguita i cristiani in Terra Santa, da dove oggi «la gente fugge perché non sa come dare da mangiare ai bambini». E cita il caso di Betlemme, dove «da quando è iniziata la guerra, quasi tutti i negozi sono chiusi», perché coloro che prima vi lavoravano non hanno più il permesso di entrare in città.
Non meno critica, osserva la Gestri, è la situazione dei cristiani in Libano, dove l’ultima guerra tra Hezbollah e Israele – giunta a una tregua ufficiale il 27 novembre 2024, ma tuttora con strascichi – ha aggravato la crisi economico-finanziaria. «I cristiani mediamente sono più istruiti del resto della popolazione, quindi fanno magari meno fatica a inserirsi in un contesto europeo e internazionale, e se ne stanno andando. Non c’è lavoro e, in conseguenza della crisi, i correntisti hanno perso il denaro accumulato nelle banche, i risparmi di una vita, lo stipendio, le pensioni. Non c’è futuro per i giovani, non c’è vita comoda per nessuno».
Se negli anni Settanta i cristiani in Libano erano circa il 60% della popolazione, oggi sono scesi al 40%. La Gestri ritiene che «il nostro mondo occidentale ha delle responsabilità anche nella scomparsa dei cristiani dal Libano e dai Paesi del Medio Oriente in generale, nel senso che si sta diffondendo anche qua uno stile di vita fortemente improntato all’ideologia woke». Tra le conseguenze – ragiona la giornalista freelance – c’è che i cristiani non hanno più famiglie numerose come in passato: e questo non dipende da mere questioni economiche, perché i musulmani non stanno meglio dei cristiani in fatto di prosperità, ma a livello demografico sì, non avendo subìto lo stesso influsso dell’ideologia woke.
Altro capitolo grave: la Siria, dove i cristiani sono tra le minoranze che più stanno pagando il cambio di regime, come ricorda la strage di domenica 22 giugno nella chiesa greco-ortodossa di Sant’Elia, a Damasco. Nella questione siriana, secondo la Gestri, «l’Occidente ha una responsabilità diretta, perché sta omettendo di denunciare le gravi violazioni dei diritti umani compiute dal governo che ha preso il potere dopo la cacciata di Bashar al-Assad». La Siria sarebbe in pratica passata da una «dittatura laica» a una «dittatura jihadista», visto che «Hayat Tahrir al-Sham (HTS) non è altro che un’affiliazione di al-Nusra, che è la versione siriana di al-Qaida», nota la Gestri, aggiungendo: «I governi occidentali hanno convenienza a trattare con loro [i fondamentalisti islamici al governo in Siria] e sacrificano sull’altare degli interessi materiali, economici, geopolitici, migliaia di persone che stanno morendo, in particolare le minoranze religiose, tra cui alawiti, drusi, cristiani». La giornalista spiega pure che è ormai chiaro che le forze jihadiste che stanno dietro il governo siriano «proclamano la sharia e non prevedono l’esistenza di altra comunità se non quella sunnita». E in questa logica, i cristiani, spregiativamente chiamati «mangiatori di maiale», devono scomparire.
A proposito dell’aiuto ai cristiani, Scopelliti sottolinea la fondamentale azione della Chiesa di Gerusalemme, che «agisce molto in silenzio», senza clamori. Per esempio, il Patriarcato di Gerusalemme dei Latini si serve di propri pulmini guidati da autisti musulmani e di tanto lavoro diplomatico, di concerto con il nunzio apostolico, per portare degli aiuti alla parrocchia di Gaza. Il giornalista rileva anche l’efficienza di Leone XIV, che sta mostrando grande attenzione proprio alla parrocchia di Gaza, muovendosi specialmente attraverso «i mezzi istituzionali, il Patriarcato, la Nunziatura», che conoscono la situazione sul campo. Ma anche in altri luoghi della Palestina e in Cisgiordania, il Patriarcato di Gerusalemme aiuta tantissimo i cristiani, ad esempio affidando loro lavori di ristrutturazione con cui poter guadagnarsi da vivere e sostentare le loro famiglie. Inoltre, «la Chiesa fa tanto soprattutto per frenare quell’odio che si è creato tra israeliani e arabi» e che ha tra le sue ricadute il fatto che ci vanno di mezzo i cristiani. E poi c’è il sostegno che arriva dall’esterno, dai cristiani dell’Occidente, che aiutano i propri fratelli «ad esempio attraverso i Cavalieri del Santo Sepolcro e l’Ordine di Malta».
Rispetto all’eventualità di una stabilizzazione del quadro in Terra Santa, Scopelliti ha detto che «fin quando ci sarà questo governo a guida Netanyahu non ci sarà mai la pace. In Terra Santa chiamano Netanyahu “il diavolo”». Il giornalista ha da un lato ricordato e biasimato la barbarie del massacro del 7 ottobre 2023 operato da Hamas e, dall’altro, le opacità ai vertici di Israele, anche rispetto alle avvisaglie di quel massacro.
E a Cascioli che chiedeva cosa si può fare per tenere accesi i riflettori sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente, Scopelliti ha risposto: «Innanzitutto bisogna pregare». Bisogna pregare come ha fatto la regina Ester per liberare il suo popolo dalla minaccia che incombeva su di esso. «Con le armi non fai nulla, porti solamente odio. I cristiani non hanno bisogno di odio, è la preghiera che li salva, è l’Eucaristia. Sai che bello – ha aggiunto il giornalista – vedere in Terra Santa le chiese piene? Quando entra in chiesa, tutta la gente si inginocchia. Quanto è bello vedere in Terra Santa tutti i sacerdoti che portano la talare: in chiesa non entra un sacerdote senza talare, ancora c’è quel rispetto verso Dio che è davvero presente, verso l’Eucaristia. Questo bisogna fare: rafforzare la fede. Lì ci sono veramente dei testimoni, quei poveri cristiani sono veramente testimoni e discepoli».
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