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ASIA

Corea del Nord, dove il martirio continua

Nella sua prossima visita in Corea del Sud, Papa Francesco si troverà in una terra in cui il cattolicesimo è in forte espansione. Ma anche a due passi dal regime nordcoreano, il peggior persecutore di cristiani.

Esteri 13_03_2014
Pyongyang

Confermato il viaggio di Papa Francesco in Corea del Sud. Sappiamo che il Santo Padre si recherà a visitare un Paese in cui il cristianesimo cattolico è in forte espansione, nonostante un passato, anche abbastanza recente, di dure persecuzioni. Giusto l’altro ieri si celebravano due santi martiri coreani, Marco Chong Ui-bae e Alessio U Se-yong. Catechista, uomo votato alla fede e coraggioso il primo; il secondo, suo allievo, più debole e incline inizialmente a rinnegare la fede per salvarsi la vita (ma anche San Pietro lo fece…); entrambi affrontarono la tortura e il martirio nel 1866. In Corea del Sud, ora c’è libertà di culto e il Papa è atteso dalla popolazione così come dalle autorità politiche.

Non bisogna dimenticare, però, che la Corea è divisa in due Stati. E che a Nord di quella che viene chiamata comunemente la “cortina di bambù”, il martirio continua molto peggio che in passato: 33 cristiani sono stati condannati a morte proprio in questa settimana dal regime comunista di Pyongyang. La Corea del Nord è il Paese in cui la persecuzione dei cristiani è la più intensa e capillare del mondo. Secondo Open Doors, l’associazione che si impegna per l’aiuto dei cristiani in tutte le nuove catacombe, la Corea del Nord è al primo posto nella classifica delle nazioni persecutrici. Secondo le notizie riportate sul quotidiano sudcoreano Chosun Ilbo, i 33 uomini appena condannati sono stati processati per aver collaborato con il missionario Kim Jung-wook, contribuendo a creare 500 comunità familiari, cioè chiese clandestine. Kim Jung-wook, secondo fonti coreane, sarebbe stato fatto rapire in Cina e deportato in Corea del Nord per essere processato.

La Cina, che pure è un altro Paese comunista in cui la persecuzione dei cristiani è molto diffusa e pervasiva, dal punto di vista nordcoreano è già un paradiso di libertà. In effetti molti cristiani nordcoreani si sono convertiti proprio conoscendo missionari in Cina, o frequentando comunità cristiane al di là del confine settentrionale, l’unico ancora relativamente aperto (l’altro confine, quello con la Corea del Sud, è completamente militarizzato e intransitabile). Il regime di Kim Jong-un lo sa e ha costituito una rete di spie in Cina. Kim Jung-wook sarebbe proprio caduto in una delle trappole tese da Pyongyang. Per chiunque venga arrestato arrivano gli anni del lavoro forzato nei gulag nordcoreani e, in questi mesi, sempre più spesso c’è il plotone d’esecuzione. Il nuovo, giovane, dittatore, infatti, ha lanciato una “campagna di pulizia” del dissenso, della quale sono rimasti vittime anche la sua ex fidanzata e il suo zio e tutore Jang Song-Thaek, giustiziato assieme a tutti i suoi familiari. I cristiani sono un bersaglio “privilegiato”, perché, citando il capo d’accusa degli ultimi 33 condannati “minano la sicurezza dello Stato”. Per gli stranieri che cercano di far proseliti in Corea del Nord (quei pochi che riescono ad accedervi) tocca una sorte relativamente più mite, soprattutto a causa dell’attenzione internazionale. Il missionario australiano John Short, colto a distribuire volantini, è stato liberato dopo una detenzione relativamente breve ed espulso dal Paese. Resta in carcere, invece, l’americano Kenneth Bae, condannato nel 2012 a 15 anni di carcere.

Come può un cristiano, un missionario, un catechista, un padre o una madre di famiglia che vogliono semplicemente andare a messa, costituire una minaccia alla sicurezza dello Stato? Perché per il regime di Pyongyang nessuno deve amare Dio più di Kim Jong-un e dei suoi predecessori Kim Jong-il e Kim Il sung. Nessuno deve amare Dio più del materialismo ateo marxista, in cui ogni cittadino deve identificarsi. Nessuno deve pensare a Dio più che al destino della patria socialista, seguendo la dottrina Juche, che predica la piena autosufficienza del popolo (collettivamente inteso) nordcoreano. Le statue dei leader della rivoluzione di Pyongyang sono oggetto di adorazione. I leader stessi sono ritenuti capaci di poteri sovrannaturali. Spazzando via il cristianesimo, i nordcoreani sono tornati ad antiche superstizioni, a cui devono obbligatoriamente credere. Divisi in un sistema di classi chiuse (Songbun), in una piramide al cui vertice si pongono i cittadini ritenuti più fedeli al potere, i nordcoreani cristiani sono in fondo alla scala sociale, i protestanti nella 37ma categoria, i cattolici nella 39ma su 50. Tutti i credenti appartengono alla macro-classe degli “ostili”, coloro che godono di meno diritti e sono maggiormente spiati dalla polizia politica. Impossibile dire quanti di loro siano stati incarcerati, uccisi, o siano morti di stenti durante i lavori forzati nei gulag. Nel solo campo di concentramento di Yodok, Open Doors stima che vi siano detenuti 6.000 cristiani.