Chiesa perseguitata in Nicaragua, un dossier per Leone XIV
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L'attivista Muriel Sáenz ha consegnato al Papa un report sulla difficile situazione dei cattolici nicaraguensi sotto il regime di Ortega: loro guardano a Roma e chiedono a Roma di non stare a guardare.

Nei giorni scorsi il Santo Padre Leone XIV ha ricevuto un report che documenta anni di persecuzione religiosa della Chiesa in Nicaragua sotto il regime di Daniel Ortega e Rosario Murillo. A consegnarglielo, insieme a lettere delle vittime e a un sacchetto di caffè nicaraguense, è stata Muriel Sáenz, attivista nicaraguense per i diritti dei migranti, ora residente negli Stati Uniti, in occasione del Giubileo dei Migranti celebrato a Roma.
Il rapporto pubblicato lo scorso fine agosto, Nicaragua: una Chiesa perseguitata, è la settima edizione di uno studio redatto in esilio dall'avvocato e ricercatrice Martha Patricia Molina. In esso si descrivono dettagliatamente 1.010 azioni contro la Chiesa cattolica tra aprile 2018 e luglio 2025, che vanno dalle aggressioni al clero agli attacchi a luoghi sacri e alla soppressione delle processioni tradizionali. Secondo Molina, i dati rivelano anche l'effetto intimidatorio: il minor numero di casi segnalati nel 2025 non riflette un miglioramento delle condizioni, avverte, ma la crescente intimidazione di sacerdoti e comunità religiose.
In una lettera privata consegnata al pontefice, l’attivista Muriel Sáenz lo ha implorato di intervenire a favore dei prigionieri politici e della più ampia comunità cattolica che subisce da anni una durissima repressione. I dati contenuti nel rapporto di Molina sulla persecuzione in Nicaragua – sulla quale più volte siamo tornati su queste pagine – sono molto chiari e non lasciano spazio a dubbi di nessun genere. Dal 2019, oltre 16.500 processioni religiose sono state vietate dalle autorità statali. Oltre 300 sacerdoti, suore e operatori religiosi hanno abbandonato il servizio pastorale in Nicaragua, molti dei quali sono stati costretti all'esilio. La chiusura di università cattoliche, organi di stampa e organizzazioni caritatevoli sottolinea ulteriormente la natura sistematica della repressione.
Anche quando il ritmo delle aggressioni documentate è rallentato (32 casi quest'anno, rispetto ai 183 del 2024), il declino non non corrisponde ad una rinata tolleranza né ad un rinnovato rispetto per la libertà religiosa – tutt'altro – va invece crescendo la censura sulle malefatte del governo e la paura di denunciare i soprusi, alla pari del decrescere dei sacerdoti e delle parrocchie e opere caritatevoli ancora liberi di operare. Anzi, da qualche settimana il sistema repressivo di Managua ha assunto profili ancor più truci, con le retate familiari. Uomini, donne, figli, cognati e fratelli vengono arrestati contemporaneamente, senza mandato, senza spiegazioni e, nella maggior parte dei casi, scompaiono senza lasciare traccia.
Purtroppo dobbiamo ancora una volta ribadire come i rapporti tra la Santa Sede e Managua, seppur siano congelati dal 2023, quando il governo espulse il nunzio e papa Francesco denunciò quella di Ortega e Murillo come una «grottesca dittatura», non hanno visto sinora una ferma e continua denuncia da parte della Santa Sede con Francesco regnante, nei confronti dei soprusi del regime. C’è da auspicare che papa Leone XIV voglia e sappia indirizzare l’azione della Segreteria di Stato verso una maggiore fermezza e la pubblica denuncia di un regime tirannico e anticristiano. È necessario evitare che la Santa Sede, in una fase del Paese in cui il regime Ortega-Murillo accresce la propria collaborazione anche economica con la Cina di Xi Jinping, taccia davanti alla crescente persecuzione dei cristiani e l’abolizione della libertà religiosa a Managua.
L'arrivo di questo nuovo dossier nelle mani di papa Leone XIV dimostra infatti che i cattolici nicaraguensi continuano a rivolgersi a Roma con fiducia per averne per un sostegno morale ed una ferma difesa della libertà di culto nel proprio paese. Per Sáenz l'evento è stato più che simbolico e ha rappresentato un'occasione di incontro tra i fedeli nicaraguensi ridotti al silenzio e la Chiesa universale. «Oggi ho portato le loro voci nel cuore del Vaticano», ha detto in margine al breve colloquio con il pontefice.
Resta da vedere se l'attenzione del Papa si tradurrà in nuove iniziative e in un cambio di paradigma nell’atteggiamento sin troppo mediatore della Segreteria di Stato. Tra l’altro, lo scorso 23 agosto, Leone XIV aveva ricevuto tre vescovi nicaraguensi in udienza in Vaticano – il vescovo Silvio Báez, che è stato confermato dal Santo Padre nella sua carica di ausiliare di Managua, sebbene sia in esilio dal 2019; il vescovo Isidoro Mora di Siuna e il vescovo Carlos Herrera, presidente dell'episcopato nicaraguense, che è in esilio in Guatemala – incoraggiandoli a proseguire nei loro incarichi con fiducia e determinazione. Occorrono chiarezza e coraggio da parte di Roma. Papa Leone non lasci che i fedeli del Nicaragua vengano umiliati e abbandonati come in Cina.
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