Chiesa in Africa tra sfide reali e un po' di ideologia
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Si è svolto ad Accra l'incontro tra vescovi africani e Caritas, alle prese con le conseguenze di difficoltà economiche, conflitti armati e intolleranza religiosa. Nel rapporto congiunto affiorano però anche "priorità" più discutibili, dalla giustizia del debito a quella ecologica.

Il 19 e 20 giugno, ad Accra, capitale del Ghana, si è svolto un incontro tra il Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (SECAM) e la Caritas Africa, organizzato per approfondire la collaborazione tra i due organismi e mettere a punto azioni congiunte in grado di rispondere con maggiore efficacia alle sfide pastorali e socioeconomiche più urgenti del continente africano. I risultati dei lavori, che secondo i partecipanti rappresentano un traguardo storico, sono stati illustrati in un rapporto dal titolo “Impegno strategico tra Secam e Caritas Africa”. “Abbiamo rivisto le linee guida della nostra collaborazione – ha spiegato al termine del vertice Lucy Esimila, segretaria esecutiva di Caritas Africa – abbiamo individuato le aree prioritarie nelle quali svolgere delle azioni congiunte, abbiamo chiarito i nostri ruoli istituzionali e definito le aspettative che guideranno la nostra collaborazione”.
Il Secam è stato fondato nel 1969 e ha sede ad Accra. È l’organo continentale della Chiesa cattolica in Africa. La sua missione è rafforzare la collaborazione pastorale tra i vescovi africani, promuovere l’evangelizzazione e sostenere lo sviluppo umano integrale. A tal fine i suoi principali strumenti sono la Commissione Giustizia, Pace e Sviluppo (CGPS) e l’Ufficio di collegamento con l’Unione Africana. Dal 2023 il presidente del Secam è il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo della capitale della Repubblica Democratica del Congo, Kinshasa.
La Caritas Africa è una delle sette branche regionali di Caritas Internationalis. Ha sede a Lomé, la capitale del Togo. Come nel resto del mondo, opera per promuovere sviluppo umano e giustizia sociale, per aiutare chi si trova in situazioni ordinarie di disagio sociale e prestare soccorso all’insorgere di emergenze umanitarie. Sostiene le 46 organizzazioni nazionali che la compongono fornendo loro linee programmatiche, coordinamento regionale e governance in accordo con la missione della Chiesa di servire i più vulnerabili.
L’impegno di collaborazione assunto dai due organismi interviene in un momento critico per gran parte degli abitanti del continente africano e in particolare per i cristiani che, oltre alle molte sfide quotidiane poste da difficoltà economiche e conflitti armati, spesso devono affrontare, inermi, la minaccia dell’intolleranza religiosa e del jihad, la guerra santa islamica.
I vescovi cattolici affiancano e assistono i loro fedeli con attività pastorali e assistenziali anche in situazioni estreme. È il caso, tra i tanti, di monsignor Aurelio Gazzera nella Repubblica Centrafricana, quotidianamente esposto alla violenza dei gruppi armati che infestano la sua diocesi, Bangassou, e ai disagi dovuti alla mancanza di infrastrutture, di vie di comunicazione praticabili. Molti non si limitano a questo. Se necessario, interpellano i governi, i leader politici, si schierano con la popolazione e denunciano malgoverno, corruzione, la repressione brutale del dissenso, il deficit di democrazia che caratterizza tanti Paesi africani.
Lo ha fatto ripetutamente il cardinale Fridolin Ambongo Besungu stesso, nel 2024 accusato addirittura di “comportamento sedizioso che conduce ad atti criminali” per aver rifiutato di promuovere come Chiesa cattolica una colletta in favore dell’esercito e di una milizia filogovernativa. Lo stanno facendo i vescovi del Kenya, dove nei giorni scorsi contro i giovani in rivolta la polizia ha sparato ancora una volta ad altezza d’uomo. Rifiutano persino, e lo dichiarano apertamente, donazioni da parte di personalità politiche perché “non sappiamo da dove provengano le enormi somme di denaro da parte dei politici”.
Sono tanti i fronti che vedono impegnata la Chiesa cattolica: tra questi, tenacemente costanti nel tempo, il contrasto all’emigrazione illegale verso l’Europa che ogni anno disperde decine di migliaia di giovani e sottrae preziose risorse alle loro comunità; e la difesa della famiglia naturale sia da istanze esterne, tra cui la legalizzazione del matrimonio omosessuale e altre rivendicazioni Lgbtq, sia da fattori culturali interni, come il persistere di istituzioni tribali come la poligamia e il divorzio.
Secam e Caritas Africa nel rapporto congiunto diffuso alla fine dell’incontro di Accra indicano però anche altri impegni prioritari, frutto di narrazioni ideologiche che hanno fatto breccia anche nella Chiesa. Compaiono infatti, come azioni di advocacy da pianificare per i restanti mesi del 2025, iniziative riguardanti la “giustizia ecologica”, che fa riferimento alla congettura del global warming di origine antropica di cui gli africani sarebbero vittime del tutto innocenti e quindi doverosamente da risarcire, e la “giustizia del debito”, che chiede la cancellazione del debito estero dei Paesi africani presupponendo che la sua entità dipenda da fattori esterni e non, come sempre più spesso denunciano i giovani africani, dal modo irresponsabile in cui i capitali presi a prestito vengono utilizzati.
Anche questo, discernere ideologie e fatti, decidere su chi fare affidamento per stabilire linee di azione e priorità, è un fardello che la Chiesa cattolica porta in un continente in cui i cattolici sono almeno il 18% della popolazione e sono in costante crescita. Il prossimo importante appuntamento è previsto a fine luglio quando in Rwanda si svolgerà l’Assemblea plenaria del Secam nel corso della quale sarà presentata e discussa la bozza del documento “Visione della Chiesa-Famiglia di Dio in Africa e nelle isole per i prossimi 25 anni: 2025-2050”, il cui testo è stato elaborato nel corso di un seminario svoltosi ad Accra il 2 e 3 aprile.
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