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Criminalità organizzata

Centri da incubo in Myanmar: schiavi costretti a fare truffe online

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Almeno 16 centri nel Myanmar orientale in cui i “dipendenti” sono tenuti, anche contro la loro volontà, pena torture, a compiere truffe via telefono e Internet. Un’inchiesta di Nikkei Asia svela l’orrore di campi come il KK Park, che hanno rubato oltre 75 miliardi di dollari dal 2020 ad oggi.

Attualità 25_07_2025
Licenza CC (da rawpixel.com, Markus Spiske)

Nel Myanmar orientale, lungo il confine con la Thailandia, si nasconde una delle operazioni criminali più sofisticate e orribili al mondo. Esistono infatti “centri-truffa” – come il famigerato KK Park – che stanno trasformando migliaia di persone in schiavi digitali, costringendole a perpetrare truffe dette "pig butchering" (macello del maiale) che hanno già rubato oltre 75 miliardi di dollari dal 2020 ad oggi.

Nikkei Asia, in un’inchiesta pubblicata l'11 luglio 2025, ha svelato almeno 16 “centri-truffa” attivi nella regione di Myawaddy, e questo nonostante una repressione su larga scala effettuata dalle autorità locali nel febbraio 2025, mediante cui sono stati liberati oltre 7.000 prigionieri. Questi complessi fortificati, circondati da alti muri, filo spinato e torri di guardia, ospitano oltre 120.000 persone tenute in condizioni di schiavitù forzata. Questo almeno secondo le stime delle Nazioni Unite.

«Lì dentro è come una prigione», ha raccontato un sopravvissuto del KK Park, originario dell'Asia meridionale, che ha passato sei mesi costretto a perpetrare truffe romantiche lavorando 16 ore al giorno in una stanza condivisa con altri sette detenuti. «Un supervisore mi ha colpito con uno stivale, mentre un altro lavoratore è stato trascinato in una stanza di tortura e picchiato così forte da non riuscire più a stare in piedi».

Le operazioni seguono script meticolosamente studiati. I truffatori iniziano con la tecnica del "numero sbagliato": «Ciao David, sono Vicky. Non ti ricordi di me?». Quando la vittima risponde di aver sbagliato persona, il truffatore si scusa ma trova un modo per continuare la conversazione e procedere con l’inganno. Secondo la documentazione del MIT Technology Review, i lavoratori forzati ricevono quattro documenti specifici su "come approcciarsi agli sconosciuti" e devono memorizzare frasi come: "È stato il destino a farci incontrare" e "Non mostrerei questa piattaforma a nessun altro, ma sento che sei il compagno della mia vita".

Le vittime vengono poi indirizzate verso false piattaforme di trading, che imitano perfettamente siti legittimi come Coinbase ed eToro. Jim Wilkerson, un utente della Carolina del Nord, ha perso oltre 790 mila dollari dopo essere stato convinto a investire in future sull'oro attraverso LinkedIn. La piattaforma, che mostrava rendimenti costanti del 21-24%, era falsa, e quando Wilkerson tentò di prelevare il guadagno, ogni tentativo richiedeva pagamenti aggiuntivi fino alla perdita totale del patrimonio.

All'interno di questi nuovi campi di lavoro esiste un sistema gerarchico spietato. I cartellini blu identificano i lavoratori di livello più basso, quelli gialli del personale che si occupa di risorse umane, i rossi sono i capisquadra, mentre i cartellini neri segnalano i dirigenti. I "grandi capi", principalmente di nazionalità cinese, non indossano identificativi.

Le punizioni sono brutali. I sopravvissuti raccontano di scosse elettriche per chi non raggiunge le quote previste, percosse e la terribile "prigione d'acqua", da cui molti tornano incapaci di camminare. «Ogni singolo secondo è come una tortura» testimonia Ashraf, una vittima nepalese.

L'analisi blockchain di Chainalysis ha tracciato quasi 100 milioni di dollari processati attraverso solo due indirizzi associati al KK Park dal luglio del 2022. Ma questa è solo la punta dell'iceberg: le stime dell'ONU indicano che l'intera industria delle truffe nel Sud-Est asiatico genera 64 miliardi di dollari all’anno. Le vittime americane hanno perso oltre 3,5 miliardi di dollari nel solo 2023, secondo le stime del Tesoro americano. Casi individuali documentano perdite che vanno da centinaia di migliaia di dollari a milioni, addirittura, per una singola vittima.

L’International Justice Mission ha assistito, attraverso interviste protocollate, quasi 500 vittime dal 2021. Eric Heintz, analista globale dell'organizzazione, conferma che «nonostante la repressione di questo febbraio, 15 dei 16 complessi sembrano operare normalmente». Altre organizzazioni come Blue Dragon Children's Foundation hanno salvato oltre 304 persone dal 2022, mentre l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni scriveva, nell’aprile di quest’anno, di aver bisogno di 2,5 milioni di dollari per rimpatriare circa mille vittime bloccate al confine thailandese-birmano.

I centri stanno adottando tecnologie sempre più sofisticate. L'intelligenza artificiale ora permette di clonare voci con soli tre secondi di audio, mentre i deepfake (immagini o video manipolati digitalmente) rendono possibili videochiamate convincenti. Gli operatori usano fino a 10 iPhone per vittima, con app di spoofing GPS per manipolare il segnale GPS e quindi apparire negli Stati Uniti o in Europa.

Ivan Franceschini dell'Università di Melbourne definisce chiaramente la situazione: «È schiavitù moderna. Alcune persone partecipano volontariamente alle truffe, ma molte sono costrette a lavorare contro la loro volontà».

Nonostante le operazioni internazionali, i centri continuano a espandersi. Si stanno spostando verso il Laos, la Cambogia e addirittura Dubai per sfuggire alle repressioni. Il Pulitzer Center ha documentato come questi siti siano «attrezzati con tutto il necessario per essere una comunità chiusa, con uffici e ospedali, perché alla maggior parte dei “dipendenti” non è permesso uscire dal complesso».

La lotta contro questi centri richiede cooperazione internazionale, sistemi di monitoraggio delle criptovalute e, soprattutto, il riconoscimento pubblico che dietro ogni truffa online c'è spesso una vittima costretta a commettere crimini sotto minaccia di tortura e morte.