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il verdetto

Caso Tulliani: Fini condannato, altro che fango mediatico

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Due anni e otto mesi per riciclaggio all'ex presidente della Camera. La vicenda smentisce chi all'epoca gridò al "complotto berlusconiano", svelando semmai le complicità nelle trame per disarcionare il Cavaliere.

Politica 01_05_2024
photo Cecilia Fabiano / LaPresse

Lui si dice perfino soddisfatto, visto che il pm aveva chiesto otto anni di carcere e ne ha presi meno di tre. L’ex presidente della Camera Gianfranco Fini è stato condannato a due anni e otto mesi nel processo per riciclaggio sull’acquisto della famosa casa di Montecarlo. Lo hanno deciso i giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Roma, che hanno inflitto cinque anni a sua moglie Elisabetta Tulliani, sei al fratello della donna Sergio Tulliani e cinque al padre Giancarlo Tulliani. Come detto, nell’ultima udienza, il 18 aprile scorso, l’accusa aveva chiesto otto anni per Fini, nove anni per la moglie e dieci per il suocero e il cognato. L'accusa per l’ex presidente della Camera è di concorso morale in riciclaggio per aver autorizzato la vendita dell’immobile; i giudici hanno condannato Fini anche al pagamento di 2.800 euro di spese processuali. Il verdetto arriva dopo sette anni dall'inizio del processo e dopo sedici anni dai fatti contestati.

Si tratta di una normale cronaca giudiziaria, segnata dalle proverbiali lungaggini della giustizia italiana, che ci mette anni e anni per pronunciare un verdetto. I processi arrivano a sentenza quando il contesto ambientale è profondamente diverso da quando i processi iniziano e quindi il popolo reagisce in modo distratto e quasi disinteressato a epiloghi di vicende di interesse pubblico che però nel tempo perdono appeal.

Nel caso di Fini, però, ci sono anche alcune considerazioni politiche da fare. Parliamo di un personaggio della destra che è stato sdoganato da Silvio Berlusconi nel 1993 in occasione del duello Fini-Rutelli per il Campidoglio. A vincere fu, per la sinistra, Rutelli, ma Fini da quel momento fu pienamente legittimato da Berlusconi come interlocutore per la costruzione della coalizione di centrodestra e da lì iniziò la sua carriera politica di governo.
Il leader di Alleanza Nazionale si abituò ben presto al potere e ne sognava talmente tanto da pregustare nel tempo la possibilità di succedere allo stesso Berlusconi, sia come leader del centrodestra sia come presidente del Consiglio.
Giorgio Napolitano, all’epoca presidente della Repubblica, lo lusingò facendogli credere che i tempi fossero maturi e fu così che Gianfranco Fini si sganciò da Berlusconi e fondò Futuro e Libertà, sigla destinata a durare poco e a sfigurare nel panorama politico italiano perché contrassegnata da una concentrazione straordinaria di voltagabbana e traditori che, dopo aver avuto tutto da Berlusconi, lo pugnalarono alle spalle.

Quando l’attuale direttore del Tg1, Gian Marco Chiocci e altri giornalisti scoperchiarono il “vaso di Pandora” della vicenda della casa di Montecarlo, i giornali di sinistra tuonarono contro il presunto “fango mediatico berlusconiano”. In altre parole gridarono al complotto delle reti Mediaset e dell’informazione di centrodestra contro Gianfranco Fini, che Berlusconi sognava di distruggere perché lo aveva abbandonato. Una lettura del tutto fantasiosa, che con la condanna di Fini da parte del Tribunale di Roma viene smontata completamente. Chi non ricorda il video che Fini registrò per dichiarare che non sapeva affatto che quella casa fosse di Tulliani, cioè il cognato?

La vicenda risale al 2008 e riguarda la compravendita di un appartamento in boulevard Princesse Charlotte 14 nel principato di Monaco, lasciato in eredità nel 1999 dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale (l’allora partito di Fini) e acquistato a giugno 2008, per trecentomila euro, da una società offshore riferibile a Gianfranco Tulliani, la Printemps Ltd. A sua volta, nell’ottobre dello stesso anno, la Printemps lo “gira” a 330mila euro alla Timara Ltd, riconducibile a Elisabetta Tulliani, compagna di Fini. Secondo l’accusa, il prezzo di quest’ultima transazione fu saldato con denaro di provenienza illecita appartenente a Francesco Corallo, imprenditore che negli anni precedenti si era molto arricchito grazie a una concessione statale ottenuta nel 2004 per installare in Italia decine di migliaia di slot machine. Rivenduto sul mercato nel 2015, lo stesso immobile fruttò un milione e 360mila dollari, con una plusvalenza di oltre un milione.

Durante le indagini Fini sostenne che solo dopo la compravendita, nel 2010, aveva scoperto che il proprietario di casa era il cognato. L’inchiesta è stata aperta per riciclaggio. I magistrati accusarono Fini di essere a conoscenza dell’origine illecita del denaro e di avere deciso di vendere consapevolmente la casa di Montecarlo alla società offshore di Tulliani. Durante le udienze del processo Fini ha sempre sostenuto di essere stato ingannato dal cognato e dalla compagna. Il coinvolgimento di Fini nell’inchiesta è legato proprio al suo rapporto con Corallo, che secondo la Procura è alla base della crescita del patrimonio dei Tulliani. Questi ultimi, in base a quanto sostenuto dagli inquirenti, hanno ricevuto sui propri conti correnti ingenti somme di danaro riconducibili a Corallo e destinati alle operazioni economico-finanziarie dell’imprenditore in Italia, in Olanda, nelle Antille Olandesi e nel Principato di Monaco.

A prescindere dai particolari giudiziari, rimane il fatto che la terza carica dello Stato (all’epoca Fini era presidente della Camera) è stata ora condannata per riciclaggio. Quindici anni fa qualcuno lo considerava una vittima delle vendette berlusconiane, oggi la vicenda emerge nella sua nitidezza e svela le responsabilità di Fini e anche la complicità di chi tramava per disarcionare il Cavaliere da Palazzo Chigi e imporre un governo alternativo, magari guidato dallo stesso Fini. Che quest’ultimo oggi lamenti le lungaggini della giustizia la dice lunga sulla sua ipocrisia, visto che dopo aver costruito la sua carriera politica grazie a Berlusconi si è rivelato spietato nel tradirlo e nell’allearsi con chi voleva distruggerlo politicamente e giudiziariamente. Davvero una brutta pagina della storia del centrodestra italiano.



processo

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