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ROMANZO QUIRINALE

Caos Pd: perde Prodi, Bersani verso le dimissioni

Alla quarta votazione per la scelta del Presidente della repubblica di ieri pomeriggio, Prodi si è fermato a 395 voti, mentre per la elezione ne servivano 504. Il miracolo non è avvenuto.

Politica 19_04_2013
Alessandra Mussolini

Anche Romano Prodi non ce l’ha fatta. Alla quarta votazione per la scelta del Presidente della repubblica di ieri pomeriggio si è fermato a 395 voti, mentre per la elezione ne servivano 504. Il Partito democratico e Sel arrivavano da soli a 496 voti. La speranza era che qualche altro sparuto voto arrivasse di soppiatto, ma il miracolo non è avvenuto. Alla conta è mancato un centinaio di voti di parlamentari del Pd che si sono indirizzati altrove, per la maggior parte su Stefano Rodotà, che ne ha avuto 213, ossia una sessantina in più dei parlamentari grillini che lo hanno proposto e sostenuto. 

Il quadro è chiaro: i partiti hanno tenuto le loro posizioni, mentre il Partito democratico sbanda e perde acqua. Da parte dei Montiani nessuna defezione, i Grillini compatti su Rodotà, Pdl e Lega escono dall’aula comunque manifestando una posizione ben definita, mentre il Partito democratico si divide drammaticamente, anche nel voto al padre fondatore del partito. E’ un partito senza segretario e Bersani è un segretario senza partito. Renzi pilota la sua cinquantina di parlamentari come fosse un partito nel partito. Qualsiasi iniziativa la segreteria intraprenda scontenta un’ala e ne perde il sostegno. Finora Bersani ha ricevuto i maggiori sberleffi non tanto dai Grillini, ma da suoi, che lo hanno più volte delegittimatlo. I suoi non lo hanno appoggiato quando all’inizio ha aperto a Grillo – Renzi aveva detto che ci vuole dignità -, non lo hanno appoggiato quando ha fatto l’accordo per Marini, non lo hanno appoggiato ieri sul nome di Prodi. Il Partito democratico ha l’onere della proposta, dato che, anche se di poco, ha vinto le elezioni, ma è paralizzato al suo interno e non sa fare proposte.

Fare il nome di Prodi aveva più il senso di un ricompattamento interno che quello di un successo esteso, ma anche questo obiettivo non è stato conseguito. Non essersi trovati d’accordo su Marini passi, ma essersi divisi su Prodi assume un valore simbolico senza possibilità di ritorno. E’ un partito che non sa parlare agli altri perché non sa più parlare al proprio interno. Ma il Paese non può aspettare che il Partito democratico faccia il suo congresso per risolvere i propri problemi. Aver presentato Prodi, uomo del vecchio apparato e uomo di parte, ha evidenziato un andamento ondivago di un partito privo di bussola. 

Data questa drammatica situazione interna, il Partito democratico potrebbe perfino decidere per disperazione di far convergere i suoi voti su Rodotà. Il che sarebbe la definitiva perdita di immagine politica. 

Stefano Rodotà ha rafforzato il suo risultato, raccogliendo voti oltre il Movimento 5 Stelle. C’è nel Paese una grande mobilitazione mediatica a suo favore. Viene presentato come un uomo non di parte, da tempo al di fuori della politica, un uomo di grande sensibilità istituzionale e giuridica, una garanzia per il suo costante riferimento ai diritti e al diritto. E’ anziano, ma nei suoi confronti la cosa gli viene scontata. Marini era troppo vecchio e troppo dentro la vecchia politica, mentre Rodotà, che ha la stessa età, è stato Presidente del Pds, ha guidato dell’Authority sulla privacy ed è da una vita nei gangli della politica italiana, no. 

Bisogna invece dire che Rodotà ha un profilo politico di parte, molto di parte. E’ sempre stato un uomo marcatamente di sinistra, avendo coniugato strettamente una cultura di tipo comunista con una di tipo radicale, su temi quali la vita, la famiglia o i “nuovi diritti” ha assunto sempre posizioni estreme, non è stato mai un moderato o un conciliatore. E’ stato iscritto al Partito radicale, è entrato in Parlamento nel lontano 1979 - e non l’altro ieri - come indipendente nelle liste del PCI, ha fatto il ministro ombra di Occhetto, è stato il primo presidente del Partito democratico della sinistra (PDS), è stato parlamentare europeo e, da ultimo, ha guidato l’authority sulla privacy. La sua posizione è così rassicurante, come molti dicono, che fa parte anche della associazione Libera uscita per la legalizzazione dell’eutanasia. Non si comprende da dove nasca questa strana idea di Rodotà che rappresenterebbe il nuovo. E non si comprende perché nessuno vada a vedere quanto prende di pensione.

Queste ultime osservazioni ci dicono che la questione della elezione del Presidente della Repubblica è sempre di più non solo una questione di numeri o di politiche, ma anche di scontri di culture. Trovare un Presidente condiviso vuol dire anche questo: trovare una persona libera e indipendente, che garantisca non solo i filoni culturali del radicalismo di sinistra. Né Prodi né Rodotà possono svolgere questo ruolo