Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Federico di Utrecht a cura di Ermes Dovico
MEDIO ORIENTE

Attacco israeliano alla chiesa di Gaza, l'appello di Pizzaballa

Ascolta la versione audio dell'articolo

Tre morti e nove feriti è il bilancio del vile attacco dell'esercito israeliano contro la parrocchia cattolica di Gaza, in cui è stato leggermente ferito anche il parroco padre Romanelli. «Ci rivolgiamo a tutti coloro che hanno il potere di prendere decisioni per porre fine a tutto questo», ha detto il Patriarca latino. La solidarietà del Papa.

Esteri 18_07_2025 English

Non soddisfatto delle migliaia e migliaia di morti registrate in questo conflitto, ora l’esercito israeliano prende di mira anche la parrocchia latina della Sacra Famiglia di Gaza, una struttura che ospita poco più di 500 cristiani, provocando danni anche all’edificio, ma soprattutto tre vittime e nove feriti, di cui due in modo grave. Anche l’attuale parroco, padre Gabriel Romanelli (nella foto LaPresse), argentino dell’Istituto del Verbo Incarnato, è stato ricoverato in ospedale avendo riportato, fortunatamente, lievi ferite ad una gamba. La notizia del vile attacco, avvenuto ieri mattina poco dopo le 10, è stata diffusa dallo stesso cardinale Pier Battista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini. Con le lacrime agli occhi, dava l’annuncio di questo ignobile attacco e si chiedeva anche il perché di tanta violenza, ma soprattutto le ragioni di tanta disumanità contro gli inermi cristiani.

«Non abbiamo informazioni complete su quanto accaduto oggi a Gaza perché le comunicazioni sono molto difficoltose - afferma - . Dobbiamo capire cosa è accaduto e cosa si può fare, soprattutto per proteggere la nostra gente, ed evitare che queste cose non accadano più», ha concluso Pizzaballa.

«Siamo allo stremo. Fermalo tu, Signore. Ferma tu la mano di Caino!», è la reazione del patriarca emerito, Michel Sabbah, al brutale e ingiustificato attacco alla parrocchia, appena appresa la notizia, aggiungendo: «Il sangue dei tuoi figli, da tutta Gaza e da tutta la Palestina, da tutta la regione, grida a te, Signore. Ferma Caino e ritorni l’umanità!».

Fermare Caino! Ma ciò che le immagini registrano nella Striscia è gente affamata, alla quale viene negato il vitale sostentamento per poter sopravvivere, immortalano bambini magrissimi, quasi scheletrici. Non ci sono più medicine per curarli. Quelli, che hanno ancora un po’ di forza, scavano tra le macerie in cerca di cibo, e nella speranza di trovare qualcuno ancora in vita. Gli ospedali sono stati ridotti a cumuli di macerie. Da tempo la fame viene utilizzata come arma da guerra. Non c’è acqua potabile, in tutta l’enclave musulmana, perché le sorgenti sono inquinate a causa dei bombardamenti indiscriminati. Ai convogli umanitari, bloccati oltre il confine, non viene concesso il permesso di entrare; quei pochi che possono accedere non sono sufficienti a sfamare gli oltre due milioni di abitanti. E non vanno dimenticati quanti vengono uccisi proprio nella fase della consegna degli aiuti. Il governo israeliano ha privato, nel frattempo, questo popolo anche dell’elettricità.

Fermate Caino! «Ci rivolgiamo a tutti coloro che hanno il potere di prendere decisioni per porre fine a tutto questo», ha dichiarato il patriarca Pizzaballa. È l’appello di un pastore sconfortato, che condivide la sofferenza dei suoi fedeli. Sembrano parole impotenti. Ci si appella alla speranza che solo Dio possa riportare pace in quella terra martoriata, ma l'indifferenza delle cancellerie di tutto il mondo è sotto gli occhi di tutti. Nessuno può negarla. Eppure, le grandi potenze che avrebbero la possibilità di porre fine a questo inesorabile stillicidio di morti, tacciono. Dai governi solo condanne verbali, dichiarazioni vuote, senza la forza risolutiva, che servono solamente per un titolo sui giornali.

Fermate Caino! La Striscia di Gaza oltre ad essere un cimitero, è anche un carcere a cielo aperto. Gli abitanti si sentono dimenticati, abbandonati. Il piccolo gregge della parrocchia di Gaza prega, recita il rosario quotidianamente, chiede aiuto al cielo. Il patriarca Pizzaballa e la Chiesa Madre di Gerusalemme sono, comunque, vicini a coloro che hanno trovato rifugio nella parrocchia, «Non sarete mai abbandonati. Staremo sempre al vostro fianco», ha detto ieri il patriarca.

«Papa Leone XIV è rimasto profondamente rattristato nell’apprendere della perdita di vite umane e dei feriti causati dall’attacco militare alla chiesa cattolica della Sacra Famiglia a Gaza», si legge in un telegramma inviato dal Santo Padre, a firma del card. Pietro Parolin, segretario di Stato, al parroco, padre Gabriel Romanelli, e all’intera comunità parrocchiale. Il papa rinnova inoltre il suo appello per un cessate il fuoco immediato e spera in «un dialogo, una riconciliazione e una pace duratura nella regione».

È la seconda volta, dal 7 ottobre 2023, che la Chiesa latina viene presa di mira dall’esercito israeliano. Nel dicembre del 2023, la parrocchia era finita nel mirino di un cecchino che aveva sparato nel cortile della struttura cattolica. In quell’azione, due donne - Nahida Khalil Anton e Samar Kamal Anton, madre e figlia - furono uccise a bruciapelo. Una precedente incursione nella parrocchia ortodossa di San Basilio, sempre da parte dei soldati israeliani, aveva provocato la morte di diciotto persone. Dall’esercito israeliano sempre la medesima e irresponsabile giustificazione: «Un errore».

Mentre il portavoce dell'Idf diffonde un avviso di evacuazione, in lingua araba, per i residenti di Jabalia, città del nord della Striscia, precisando che è necessario abbandonare immediatamente anche Mawasi, il ministro per la Sicurezza nazionale, di estrema destra, BenGvir, ha attaccato il primo ministro Netanyahu su possibili ed eventuali accordi con Hamas. «Netanyahu, non è troppo tardi per tornare in te stesso. Ferma i negoziati con il gruppo terroristico e dà istruzioni all’esercito per la piena occupazione della Striscia, spronando gli abitanti  ad abbandonare il territorio».