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GUERRA

Armi Usa all'Ucraina: più marketing che sostegno militare

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Mentre i russi avanzano nel Donbass, la fornitura di Patriot per la difesa dell'Ucraina è bilanciata dall'imposizione del ritiro dei carri armati Abrams dal fronte: la loro distruzione da parte dei droni russi rovina le vendite in Europa.

Esteri 29_04_2024
Joe Biden (LaPresse)

Gli Stati Uniti stanno riprendendo a fornire ingenti aiuti militari all’Ucraina ma al tempo stesso hanno indotto l’esercito di Kiev a sospendere l’impiego dei carri armati Abrams forniti l’autunno scorso dopo che nei combattimenti sul fronte di Avdiivka almeno 5 tank sono stati distrutti dai missili e dai droni-kamikaze russi e 3 sono stati danneggiati.
Un’iniziativa paradossale sul piano operativo soprattutto se si tiene conto delle gravi difficoltà che incontrano le truppe ucraine a causa della netta inferiorità rispetto ai russi in termini di truppe ma anche di mezzi corazzati e artiglieria. 

Le forze russe continuano infatti ad avanzare nel Donbass, ogni giorno espugnano qualche villaggio e guadagnano terreno mentre gli ucraini faticano a contenerli in attesa che vengano preparate nuove linee di difesa più a ovest mentre le bombe d’aereo e i missili russi continuano a bersagliare le retrovie distruggendo postazioni e depositi di armi e munizioni, inclusi quelli forniti recentemente dall’Occidente. Più in profondità i russi hanno distrutto quasi la metà delle infrastrutture elettriche ucraine con l’obiettivo di paralizzare la produzione bellica del nemico.

Ieri Mosca ha reso noto di aver distrutto tre grandi depositi presso altrettanti aeroporti ucraini mentre in prima linea lo stato maggiore ucraino ha ammesso che «la situazione è peggiorata». Il capo delle forze armate, generale Oleksandr Syrsky, ha detto che «i russi hanno ottenuto dei successi tattici, non rilevanti ma significativi».
«Il terrore russo è possibile solo perché abbiamo meno armi e soluzioni per proteggere la vita di quanto la Russia abbia la capacità di distruggere», ha sintetizzato il presidente Volodymir Zelensky. Il giornale americano Politico ha rivelato che lo scorso dicembre il leader ucraino, incontrando lo speaker della Camera statunitense Mike Johnson, aveva sottolineato che senza l'aiuto militare Usa gli ucraini sarebbero stati in grado di reggere «fino a marzo o aprile».
Secondo fonti dell'intelligence occidentale, nel breve termine i russi potrebbero avanzare ancora nel Donbass puntando alla conquista di Chasiv Yar, cardine delle difese ucraine nella regione di Donetsk.

In questo contesto l’arrivo di nuovi missili da difesa aerea Patriot da USA, Germania e Spagna permetterà forse di migliorare le residue capacità ucraine di contrastare i raid aerei e missilistici russi mentre i missili balistici ATACMS si aggiungeranno a quelli da crociera anglo-francesi SCALP/Storm Shadow nel prendere di mira le basi logistiche, aeree e navali russe in Crimea e nei territori ucraini controllati da Mosca. Difficilmente gli Stati Uniti autorizzeranno Kiev a impiegare gli ATACMS contro il territorio russo ma non si può escludere che il loro impiego possa prevedere un attacco su vasta scala contro il Ponte di Crimea, infrastruttura già colpita dagli ucraini e dall’elevato valore simbolico.

Questi attacchi avranno però un peso limitato o irrilevante in prima linea dove gli ucraini sono in gravi difficoltà e dove anche l’arrivo di nuove munizioni d’artiglieria occidentali difficilmente potrà cambiare il rapporto di volume di fuoco tra i due belligeranti, tenuto conto che il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha detto recentemente che i russi sparano 10 mila proiettili al giorno contro i soli 2 mila degli ucraini.
In questo contesto appare ancora più paradossale il ritiro dalla linea del fronte delle circa due dozzine di carri Abrams ancora operativi dei 31 forniti all’Ucraina, ritiro che il Pentagono si è astenuto dal commentare.  

Funzionari statunitensi protetti dall’anonimato hanno detto ai media che «il massiccio impiego» di armi russe anticarro «rende arduo l’impiego di questi tank senza che vengano scoperti e attaccati», ma in questo conflitto tutti i tank si sono rivelati vulnerabili, siano essi russi o ucraini, di tipo russo-sovietico o occidentale. L’impatto delle moderne armi anticarro (missili anticarro e droni-kamikaze) ha mostrato la vulnerabilità dei mezzi terrestri di ogni tipo, inclusi i più protetti e corazzati come i carri da combattimento.
«Non c’è terreno aperto che si possa attraversare senza timore di essere scoperti», ha detto ai giornalisti un alto funzionario del Pentagono; ma questo vale per gli Abrams americani come per i Leopard tedeschi, per i T-90, T-80, T-64 o T-72 russi e ucraini. Secondo il sito Oryx in questo conflitto i russi avrebbero perduto oltre 2mila carri armati e gli ucraini 800, numeri da prendere con le molle ma che confermano la vulnerabilità dei tank al pari della loro importanza nei combattimenti.

Per ora, i carri Abrams sono stati spostati dalla prima linea e gli Stati Uniti lavoreranno con gli ucraini per ripristinare le tattiche, ha detto il vicepresidente dei capi di stato maggiore congiunti, ammiraglio Christopher Grady.
Per spiegare perché gli USA ritirano i loro carri armati dal fronte proprio nel momento più critico, quando i grandi media statunitensi evidenziano il rischio di un tracollo delle linee ucraine, occorre mettere da parte le motivazioni operative per concentrarsi su quelle commerciali.
La distruzione dei primi esemplari di Abrams aveva messo in imbarazzo gli Stati Uniti e l’apparato industriale della Difesa americano determinando il blocco su Instagram del video diffuso dai russi dei carri americani in fiamme per violazione dei termini d’uso per «business reputation and company image».

Gli USA sono il più grande produttore e il maggior esportatore di armi coprendo, secondo il SIPRI, il 42 per cento dell’export mondiale. In questa guerra, come in quelle precedenti, se un sistema d’arma si dimostra efficace l’impatto su contratti di export e vendite è brillante. Al contrario, una pessima performance sul campo di battaglia influisce negativamente sulle vendite, specie se carri armati da 10 milioni di dollari, definiti i migliori del mondo, vengono distrutti da droni-kamikaze da poche migliaia di dollari.

Gli Stati Uniti e General Dynamics Land Systems, l’azienda che produce l’Abrams, sono impegnati in un ampio sforzo e per potenziare l’esportazione del carro statunitense sia nella versione più aggiornata M1A2 Abrams SEPv3 sia nella versione M1A1 fornita anche all’Ucraina, tenuto conto che l’US Army ha in servizio 2.600 Abrams ma ne tiene in magazzino altri 3.500 che potrebbe vendere agli eserciti alleati.
Molti sforzi per esportare gli Abrams sono stati concentrati in Europa dove i lunghi tempi di produzione e i pochi esemplari realizzabili annualmente di carri armati “made in Europe” cozzano con le esigenze di potenziare rapidamente le piccole componenti corazzate degli eserciti europei i cui limiti sono emersi con l’attacco russo all’Ucraina.

Un’Europa con pochi carri armati (specie dopo averne ceduti molti a Kiev), priva della capacità industriale di produrne tanti e in tempi rapidi in un cointesto in cui si enfatizza ogni giorno il rischio di una guerra contro la Russia, offre un contesto favorevole agli Stati Uniti per conquistare quote rilevanti di mercato nel Vecchio Continente a scapito dell’industria europea, da sempre rivale sui mercati internazionali.

L’obiettivo americano non sembra quindi puntare a impiegare gli Abrams per sfondare le linee russe, bensì per conquistare il mercato dei carri armati europeo. Infatti negli ultimi anni i tank americani sono stati acquisiti dalla Polonia e dalla Romania che, con l’Ucraina, sono per ora gli unici clienti europei del tank americano, in servizio in una dozzina di nazioni: USA, Bahrein, Kuwait, Arabia Saudita, Iraq, Egitto, Marocco, Australia e Taiwan.

Una strategia commerciale già evidente l’anno scorso quando in ambito NATO si discuteva la fornitura a Kiev di tank di costruzione occidentale. A fronte delle reiterate richieste ucraine il governo tedesco accettò di fornire le versioni più vecchie dei Leopard 2 e un centinaio di vecchi Leopard 1 reperiti nei magazzini solo se gli Stati Uniti si fossero impegnati per primi a fornire tank a Kiev.
Washington acconsentì, sbloccando le forniture di Leopard tedeschi e di altri eserciti europei, ma si prese ben sette mesi per consegnare gli Abrams: il primo arrivò in Ucraina il 25 settembre 2023 mentre i primi Leopard erano stati consegnati in febbraio, in tempo per prendere parte alla grande controffensiva ucraina fallita miseramente.

Molti tank di costruzione tedesca sono stati distrutti o danneggiati nella controffensiva (e i russi hanno mostrato generosamente al mondo le immagini dei mezzi distrutti) a cui non parteciparono né i 31 Abrams né i 14 tank Challenger forniti dai britannici, non a caso anch’essi ritirati dalla prima linea dopo che uno o forse due esemplari vennero distrutti dal fuoco russo. Lo smacco subito in battaglia dal più venduto carro armato prodotto in Europa darà così un bel vantaggio ai tank americani ma solo a patto che evitino di venire decimati anche loro dal fuoco russo.



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