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LA LEGGE

Argentina, il ruolo (e i soldi) delle multinazionali dell'aborto

Nonostante la massiccia mobilitazione del popolo pro vida, l'Argentina del "cattolico" Fernandez, le cui parole non sono mai state stigmatizzate dai vescovi, ha liberalizzato l’aborto. Si compie così la strategia delle lobby internazionali legata alle politiche demografiche che hanno l'aborto all'ordine del giorno. Resta solo il ricorso alla Corte Costituzionale albiceleste.

Vita e bioetica 31_12_2020

Il Senato argentino ha approvato senza alcuna modifica la legge che liberalizza l’aborto nel paese (38 favorevoli, 32 contrari), dopo il voto della Camera a metà dicembre (11 dicembre), ora manca solo la firma del Presidente della repubblica Fernandez perché entri in vigore l’omicidio legalizzato dell’innocente. L’aborto potrà essere deciso autonomamente anche dalle minori di 16 anni purchè abbiano compiuto i 13 anni di età, azzerati (di fatto) i diritti all’obiezione di coscienza, l’aborto sarà permesso anche oltre la 14 settimana. Nelle prime reazioni, sia il Vaticano che la Chiesa argentina si rammaricano per la decisione «incostituzionale e inumana» che «provocherà ulteriori divisioni nel popolo». C’è spazio per un ricorso fondato alla Corte Costituzionale.

Lo stesso Fernandez, che aveva presentato il testo di legge il  17 novembre scorso, dichiarandosi cattolico e tuttavia «costretto a legiferare per tutti», ha voluto commentare l’esito della votazione avvenuto nella notte di Buenos Aires di martedì (mercoledì mattina in Europa) dicendo: «Oggi, grazie a questa legge approvata, siamo e viviamo in società migliore». Ciò che è accaduto nelle ultime settimane e con il voto di ieri, si poteva ben prevedere sin dall'elezione dello scorso anno in cui venne eletto Alberto Fernadez, apertamente favorevole alla legalizzazione dell’aborto e per nulla (colpevolmente) criticato dalle gerarchie ecclesiastiche argentine. Ora piangiamo sul latte versato e sulle inutili sperticate critiche che lo scorso anno si spesero contro il precedente Governo e Presidente Macrì: un gigante in ogni campo in confronto all’attuale Fernandez.

Eppure sino al voto di ieri, i numeri al Senato apparivano ben più incerti e non era scontata la vittoria degli abortisti. Non si può dimenticare la massiccia mobilitazione del popolo pro vida  che da ogni capitale provinciale è confluita nelle strade di Buenos Aires, pregando per ore affinchè la Vergine di Luijan potesse fare il miracolo. Preghiera alla Vergine Madre dell’Argentina che i Vescovi del Paese avevano rivolto in una celebrazione speciale lo scorso 26 dicembre nel Santuario di Luijan implorando la Sua intercessione affinchè i legislatori “difendessero la vita e non rinunciassero alle proprie convinzioni”. Non la parola delle gerarchie ecclesiastiche, nemmeno quella dei ‘Curas Villeros’ (preti di strada) che avevano negli stessi giorni diffuso un reportage sulle ragazze abbandonate e madri povere delle favelas che chiedevano la vita, l’assistenza e le cure per i propri figlie non l’aborto.

Neanche l’ultimo sondaggio pubblicato lunedì che riportava come il 93% degli argentini fosse contrario all’aborto è riuscito a trattenere la furia abortista. Il Papa Francesco stesso era nuovamente, ma indirettamente, intervenuto mercoledì scorso con un testo twittato: "il figlio di Dio è nato scartato per dirci che ogni persona scartata è un figlio di Dio". Un messaggio che la maggioranza e lo stesso Fernandez hanno voluto ignorare. Non la Chiesa, non il popolo e dunque chi ha condizionato il voto?

Certo Amnesty International, che dalla elezione di Fernadez dello scorso anno non manca di fare pressioni per la liberalizzazione dell’aborto e che ha pilotato (con tanto di insegne luminose) anche le manifestazioni di martedì degli abortisti davanti alla Casa Rosada. Ma c’è di più e come ha denunciato senza mezzi termini la Senatrice María Belén Tapia: ci sono stati impegni presi dal Governo Fernandez con IPPF e una miriade di organizzazioni e organismi internazionali perché si approvasse la liberalizzazione dell’aborto nel paese:  “L'IPPF ha più cliniche per gli aborti delle filiali del ristorante di hamburger più conosciuto al mondo…liberalizzare l’aborto è nell'interesse della lobby internazionale legata alle politiche demografiche che hanno l'aborto all'ordine del giorno. Alcuni organismi internazionali sono molto espliciti al riguardo".

Qui sta il problema, già evidenziato in queste pagine nelle scorse settimane e accresciuto ancor più dalle esplicite richieste fatte dalle multinazionali dell’aborto a Biden dei giorni scorsi: gli USA di Biden devono accrescere gli sforzi ed il sostegno alla liberalizzazione dell’aborto a livello internazionale.  Non deve perciò stupire come soprattutto negli ultimi mesi proprio in Argentina le cliniche legate ad IPPF abbiano diffuso la pratica dell’aborto clandestino, che sino all’entrata in vigore della nuova legge rimane illegale, con la certezza della loro totale impunità. I filmati diffusi in questi giorni descrivono con accuratezza come da tempo si pratichi l’aborto clandestino in uffici e cliniche delle multinazionali  americane.

Il voto di martedì, tra le mille ombre di senatori che si manifestavano all’ultimo momento abortisti, dopo aver sostenuto per anni le ragioni della vita del concepito, lascia una porta aperta verso un ultimo cambiamento possibile, l’appello alla Corte Costituzionale. Sono in molti tra i parlamentari di Camera e Senato argentino e tra i giuristi di diverse facoltà universitarie che ritengono fondate le ragioni di un appello alla Corte perché dichiari la incostituzionalità della normativa approvata. Tra i Senatori che hanno già dichiarato la propria volontà di presentare il ricorso costituzionale ci sono non solo molti membri della opposizione, tra i quali spicca la Senatrice Silvia Elias de Perez, ma anche il Capogruppo al Senato della Coalizione di maggioranza Frente de Todos, José Mayans, tutti convinti che le nuove norme obblighino ad una previa “modifica costituzionale, del Codice Civile e di diverse convenzioni internazionali che stabiliscono l’inizio della vita dal concepimento”.

“E’ molto triste che con un Papa argentino, che da parte di un partito i cui fondatori furono anti aborto, i politici argentini abbiano approvato una legge anti umana, anticostituzionale e anti cristiana”, questa la prima reazione dal Vaticano, mentre la Chiesa Argentina si riafferma il rammarico per la lontananza dei politici dalla volontà popolare e si stigmatizza come la legge che liberalizza l’aborto “approfondirà ulteriormente le divisioni nel paese”. Intanto e non per pura coincidenza, dopo che tutte le prime pagine dei quotidiani del Sud America mettevano in risalto l’approvazione della legge in Argentina, nella Repubblica Domenicana il neo eletto Presdiente Abinader dichiarava la sua volontà di legiferare a favore dell’aborto, sinora vietato e la Chiesa Cattolica insieme ai Pastori evangelici sono già in battaglia a difendere l’evidenza scientifica, il diritto internazionale e la dignità umana: l’io nasce dal concepimento.